Innanzitutto grazie mille per la tua suggestiva descrizione , sicuramente è una situazione psicologica molto difficile che hai evidenziato bene.Melissa_chan ha scritto:Poi mi rendo conto che è difficile mettersi nei panni di una persona disforica, prendi questo come metro di paragone:
Immagina di essere dentro una meravigliosa armatura completa del 1500, è forgiata con un acciaio di ottima qualità ed è ricca di incisioni ed intarsi quindi è sia bella esteticamente sia resistente agli urti; il suo unico problema è che nessuno su questa Terra può vederti in volto oppure sapere come sei, e per tutti sei qualcosa che tu ritieni si non essere.
Ah sì, ho dimenticato un particolare, tu sei sotto il sole di mezzogiorno nel più caldo giorno di estate, e l'acciaio lo hai a contatto con la pelle.
Quindi la tua meravigliosa armatura diventa rapidamente un forno che, lentamente ma inesorabilmente, ti soffoca, ti isola, ti impedisce di rapportarti con gli altri.
Penso che il paragone più prossimo sia una cella di isolamento.
Su questo non sono d'accordo, e poi chi si occupa di salute mentale non serve solo a fare perizie e diagnosi (anche se evidentemente alcuni professionisti ne fanno un pilastro della loro carriera).Melissa_chan ha scritto:Una cosa che mi sono dimenticata di spiegare nel mio precedente intervento è che con ansia e depressione non ci ragioni, non ci scendi a patti e non ci conversi.
Per quanto riguarda me ho provato sulla mia pelle ansia, depressione, disperazione, ossessione, compulsione, utilizzo di psicofarmaci e di alcol. Ho anche dei certificati psichiatrici che attestano quella che era una volta la mia condizione e li custodisco con tenerezza accanto al mio titolo di studio (sperando che si illuminino misticamente a vicenda ). Certo trattare con ansia e depressione non è facile... né farlo da soli né farlo con qualcun altro. Io sono convinta che in realtà l'ostacolo maggiore sia riuscire a trovare il sistema più adatto per coinvolgere e coinvolgersi profondamente, anche perché il linguaggio dell'inconscio ha le sue peculiarità e non è come una normale conversazione (una immagine suggestiva può valere più di mille parole oppure un dialogo provocatorio con se stessi può essere efficace, altri invece preferiscono simboli tranquillizzanti). Ci sono terapie che usano il ragionamento e/o l'esperienza dal vivo (vedi la terapia cognitivo-comportamentale), terapie che usano metodi persuasivi a scopi benefici per rompere i circoli viziosi (vedi le terapie che discendono dal lavoro del Mental Research Istitute di Palo Alto), psicoanalisi, terapia della gestalt, bioenergetica, poi ci sono anche gruppi di auto-mutuo aiuto... ci sono tanti sistemi ma nessuno può obbligare a fare alcunché senza il consenso interiore del soggetto. Ci si può chiedere se tutte queste forme terapeutiche siano mai state applicate alla disforia, è una domanda interessante a cui io per ora non saprei dare risposta, ma ci si può anche chiedere se chi soffre di disforia abbia mai voluto provare seriamente qualcosa di alternativo ad un percorso di transizione. A me non interessa convincere nessun* però sinceramente quando sento frasi come l'invito a non farsi domande... io invece penso che non bisogna aver paura di farsi qualche domanda su ciò che si sta facendo. Inoltre sono molto scettica quando sento frasi del tipo "Ah ma io di psicologia non so niente" perché non conoscere non è una buona scusa, e oggigiorno gli strumenti per informarsi sulle dinamiche mentali ci sono.