Reggicalze e affini

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Ale
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Reggicalze e affini

Messaggio da Ale »

Come sono straordinarie le nostre mammine nelle loro azioni quando cercano di salvare insalvabile, dare il senso ad un capriccio di natura o diventare complici delle nostre disgraziate scelte. Le ho trovate pilastri discreti in molti, quasi tutti racconti di questo magico confessionale mascherato dall’innocuo forum che ci raduna. Ebbene, associo anche la mia, nella sua missione restauratrice della miriade di piccoli vuoti che seminavo crescendo. La storia che segue è mia, è vera, e se ne sta nei miei ricordi appartata come un’isola del tesoro, l’ombra inseparabile della vita che ho scelto di percorrere. Pensandoci bene, in questi tempi di outing e scelte libere, Io per la verità l’outing non l’ho fatto mai. Si è fatto da solo e senza grossi traumi, senza che qualcuno mi abbia confuso le idee o indicato la strada verso l’isola delle femmine. La strada l’ho trovata da sola esplorando cassetti degli armadi, nelle lunghe ore solitarie, giocando e aspettando il ritorno dal lavoro di mia mamma, giovane vedova intenta a farmi diventare grande nel pieno rispetto delle regole sociali. Era la sua lingerie del tenue colore rosa, la trasparenza delle calze di nylon, inebriante profumo di capi lavati e l’immagine appena oltre l’angolo dell’occhio di giovane donna che si vestiva per la giornata in ufficio, che mi hanno attirato in trappola di indossarli e provare il misterioso piacere di trovarsi nello specchio diversa e sconosciuta, magari per una frazione di secondo soltanto. La seduzione di quegli indumenti oversize all’inizio, che però ad ogni anno che passava diventavano più consoni al mio fisico, si impadroniva di me con fascino sempre maggiore e sempre più irresistibile. Ogni volta rimanevo più a lungo ad assorbire le morbide tenerezze dei tessuti che erano negati alla mia quotidiana presenza nei rudi ruoli maschili. All’età quando si sente irresistibile richiamo di esplorare il genere opposto, io diventavo tragicamente convinta che il corpo mio e tutti suoi misteri erano solo gabbia sbagliata assegnata alla stazione di partenza. Così, senza complicità di un’anima gemella continuavo rassegnata nel ruolo assegnatomi dalla natura, convinta che il mio segreto, rimaneva intimo dialogo con la fantasia e solo raramente condiviso con lo specchio. Però, qualche volta, l’effimera tenerezza dell’evento rubato e consumato di nascosto finisce in un malinconico spettacolo, indesiderato, e dei contorni incerti. Desiderio confuso di sfidare piccoli tabù imposti e fare qualche passo nella realtà parallela, talvolta porta sui sentieri inesplorati. Un giorno qualsiasi di un maggio qualsiasi, quando il pomeriggio libero mi aveva regalato l’opportunità di sognare distesa sul divano con sottoveste color pesca, calze velate grigie e bicchiere di gin in mano, mi sono svegliata ore dopo, a notte inoltrata, con la trapunta addosso e il bicchiere vuoto sul tavolino. Bastava la sbirciata nella camera di mia madre per capire l’accaduto, e poi mi sono svestita oppressa di vergogna riportando con cura tutto nel cassetto da dove l’avevo “prestato”. Sono rimasta sveglia, cercando di inventare qualche storia anche una per niente probabile, per coprire l’accaduto, ma poi invece, la mattina abbiamo preso il caffè in silenzio assoluto e mutuo imbarazzo cancellando quel giorno dal calendario. Per un po’ sono riuscita a lasciare in pace l’armadio di mia mamma, e non rovistare nella sua lingerie, ma non è durata a lungo. La promessa che mi sono fatta di stare lontana dal desiderio di sentirmi ragazza, non funzionava. Piano, piano un disagio generalizzato si impadroniva delle mie giornate che non riuscivo più ad organizzare. Poi, all’improvviso il miracolo. Un lunedì pieno di sole della tarda primavera, cercando di vestirmi e di partire nel ginnasio, sopra la pila di magliette e slip, scopro la piatta scatola di cartone ornata con motivo floreale, l’apro e dentro, avvolto nella carta velina trovo il reggicalze bianco con cuoricino rosso ricamato e lo slip dello stesso colore bianco candido, con piccolo cuoricino vicino al bordo superiore. Sotto, due paia di calze di nylon in quell’irripetibile “color carne” degli anni ’60.
Ricordo che tenevo in mano, quel distintivo della femminilità agognata con il cuore che batteva all’impazzata e una sensazione di gioia senza limite. Era il mio biglietto d’ingresso nel mondo così a lungo sognato. Mi sentivo all’improvviso libera, unica, eletta, un’eccezione che non doveva preoccuparsi più del mondo circostante, ricca di una grazia nuova, e con unico desiderio di far scoprire a tutti la propria felicità. Quel reggicalze bianco in taffetà di nylon con cuoricino rosso ricamato era il mio riscatto per tutti dubi, segreti e frustrazioni portati come peso quotidiano.
A scuola quel giorno nulla funzionava con ritmi consueti. Osservavo le gobbette dei ganci che si intuivano sul blu dei jeans e distrattamente captavo senso delle parole dei professori. Verso la fine delle lezioni il compagno di banco mi chiese senza una sorpresa eccessiva: “Ma tu porti le calze di nylon?”, “Da sempre” gli risposi, “Com’è che noti solo adesso?”. Finì lì. Tornato a casa, andai in cucina e abbracciai forte mia madre senza dire una parola. Mi disse con un sorriso un po’ malizioso: “Da oggi, ognuno ci pensi a cose sue. Ci siamo capiti?” “Certo mammina!” risposi ridendo. “Sono così felice. Ricorderò per sempre questo giorno! Dimmi come hai capito e perché l’hai fatto?” Mi guardava seria e dopo lunga pausa rispose: “Sai, vederti infelice in casa non era bello. Poi certe cose è impossibile nascondere. Non ti ho mai detto niente aspettando la tua spontanea decisione e per me in fondo non cambia nulla. Però, devi stare attento, il mondo è crudele e poco disposto ad accettarti quando sei diverso, e fuori dagli schemi.” Poi aggiunse ridendo: “Per quanto mi riguarda, ho sempre desiderato figlia femmina.” “Sei fortunata” dissi, “Hai tutti e due, figlia e figlio, dipende da come mi sveglio”. Da quel giorno è passato mezzo secolo e mi sono raramente svegliata come maschio. Ho trovato la mia regola in uno slogan pubblicitario inglese che invitava “To slip into the stockings and the mood of the day!”, e io l’ho rispettato con rigore per la maggior parte della vita. Il mondo che mi stava vicino mi ha accettato senza grossi traumi e senza troppe domande, compresi amici e amiche e io per la verità non facevo nulla di eccessivo, non portavo tacchi a spillo né gonne, insomma vivevo entro limiti stabiliti da quel venticello libertario e unisex che già tirava in Europa. Buon Dio m’ha dato le fattezze efebiche e un po’ neutre e potevo passare come una ragazza riccia non molto attraente e forse anche con qualche piccolo scompenso ormonale. A me bastava. Non ho cercato di fare colpo sui ragazzi. Non nascondevo mio orientamento proprio mai, ma non mi piaceva essere più femmina di quelle vere, e trucco esagerato o certi modi di vestire non li ho mai accettati. Sono rimasta sempre Ale in ambedue edizioni grazie al nome che si prestava bene ad ogni uso. Nel mio universo gente veniva e partiva indistintamente lasciando raramente impronta da ricordare. La registravo distrattamente e oggi, di fronte alle ultime diritture d’arrivo, sommando esperienze e ricordi, non saprei definire la mia vita. La complicità con mia madre si è spezzata nello stesso giorno quando è finita la sua breve sosta terrena. Questo mio racconto è tributo a lei che ha saputo capire e risolvere l’enigma più grosso della mia esistenza. Potendo tornare indietro, qualche cosa sarebbe da risolvere in modo diverso e forse un po’ di malinconia da evitare, ma sarei rimasta uguale fedele alle scelte che ho fatto, L’unico vero desiderio destinato a rimanere per sempre tale, è di non essere nata come femmina vera, partendo verso la vita ad armi pari con le altre. Questo forum è un bel posticino dove partecipiamo con dose decente di sincerità, però, cercando di vendersi al meglio, di offrire il lato che abbiamo creato per il giudizio degli altri. Io, non me la sento di giudicare e ancor meno di dare consigli a nessuna di voi, visto che rimaniamo comunque nel Limbo con tutto il nostro bagaglio sperando che qualche altra lotteria della vita ci offra l’occasione nuova.
Ale
P.S.
Pensandoci ai “grandi temi della vita”, toccati in questo forum riguardo reggicalze, e visto che è più di mezzo secolo che quotidianamente sono in contatto intimo e diretto con questa metafora di femminilità che più di ogni altro indumento identifica la donna, mi permetto di scrivere qualche perla di saggezza nata dalla propria esperienza. Come dice il nome, il reggicalze ha la funzione di reggere le calze prive di altri supporti in sede, cioè in punto più o meno alto della coscia. Altri attributi, nati nel tempo e legati ai miti di erotismo e seduzione, non sono il tema di questo testo propedeutico. Ebbene, il reggicalze si presenta con quattro, sei o più cinghie che terminano con ganci che si attaccano alla balza delle calze. Ganci del reggicalze di qualità sono sempre in metallo. La condizione sine qua non, per un reggicalze è che sia progettato e prodotto con lo preciso scopo di assicurare le calze sulle gambe, cioè di essere un prodotto di buona qualità, fatto e controllato rispettando gli standard produttivi alti. Il modello che rispetta le esigenze richieste di solito si indossa abbastanza in alto, appena sotto l’ombelico, e va preso rispettando rigorosamente le misure del corpo e riconosciute taglie produttive. Small, Medium e Large sono misure approssimative spesso usate oggi e talvolta non siano molto precise e utili. Secondo mio modesto parere, quattro ganci (modello più diffuso in EU), è perfettamente idoneo allo scopo, e assicura le calze in posizione se è fatto bene, cioè se la posizione dei ganci è disposta in modo giusto, in mezzo alla coscia vista frontalmente, e lateralmente posizionato verso gluteo ma non in un punto troppo arretrato. Per assicurare la verticalità della riga nel caso sia presente sulle calze, si usa il reggicalze a sei ganci, dove il gancio posteriore e posizionato verso la metà del gluteo, e viene agganciato nel punto esatto dove finisce la riga sul bordo superiore della balza. L’altra condizione che garantisce la buona posizione e comodità delle calze, sono le calze stesse. E’ indispensabile che le calze siano di giusta misura e di buona qualità. Esistono due tipi diffusi generalmente, quelle di puro nylon, non elastiche, e quelle con aggiunta di lycra che essendo elastiche, avvolgono la gamba con molta più precisione. Quelle fatte in modo classico di solo nylon, rimangono però di trasparenza e lucentezza uniche, garantendo l’estetica ad un livello nettamente superiore. Anche la balza delle calze può essere elastica o non elastica. Non c’è nessun reale vantaggio per una delle due versioni e la scelta è basata esclusivamente sulla preferenza. Due righe dedicate alle calze “autoreggenti”. Come dice il nome, la calza autoreggente si regge da sola, grazie alle fasce elastiche in silicone disposte nella balza, e non necessita di reggicalze. Il reggicalze con lo scopo puramente estetico (già menzionato effetto di seduzione e maggior erotismo, e offerto a basso costo un po’ dappertutto), talvolta venga abbinato alle calze autoreggenti ma non ha nulla a che vedere con vero reggicalze in grado di assicurare le calze a loro posto durante un esteso lasso di tempo. Buon reggicalze non è mai un prodotto a basso costo e va cercato e comprato nei negozi specializzati. Lo stesso vale per le calze, sempre più difficili da reperire se non nei negozi specializzati e con i costi sempre maggiori. Per quanto mi riguarda, rimango fedele al mio primo amore che ha resistito nel tempo (ho provato tutto o quasi) e ancora gelosamente condivido le mie giornate con reggicalze e calze. In qualche negozio romano riesco ancora a trovare le amate Omsa e Dansilar, ma in assenza anche Cervin e Omero offrono prodotti di buona qualità. Spostandosi ai mercati fuori Italia, in rete ci si compra ancora tutto, ma i prezzi non sono più di una volta. Miglior reggicalze che ho avuto (ed ho ancora grazie a Dio!) è modello Sandra della Clara, purtroppo fuori produzione ormai. Se qualcuna fortunata fra voi lo trovi fra le riserve nascoste di un negozio vintage, è oggetto da non perdere assolutamente (non servono neanche fianchi larghi per averlo addosso comodamente tutto il giorno). Spero di non essere stata la professoressa troppo noiosa.
Ale
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Re: Reggicalze e affini

Messaggio da Roby_60 »

Splendida storia e medesime passioni.
Un abbraccio.
R.
"Si può essere tutto quello che si vuole, basta trasformarsi in tutto ciò che si pensa di poter essere" Freddy Mercury
Ma sarà vero? Roby_60

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Re: Reggicalze e affini

Messaggio da Michelle_66 »

I gancetti del reggicalze: quanti ricordi!
Era l'estate del 66 e in un caldo pomeriggio, mentre tutti facevano la siesta, salii all'ultimo piano della casa dei miei nonni dove c’era una stanza che fungeva da ripostiglio. Curiosando avevo trovato in un armadio una guepiere di mia nonna e in un comodino delle calze di mia madre e quel giorno decisi di provare come mi stavano.
Non so perché mi fosse nato questo desiderio, avevo sfogliato i primi giornaletti porno e mi aveva eccitato parecchio vedere le modelle in calze e reggicalze.
Indossai la guepiere, infilai le calze e poi le fissai con i gancetti: sapevo come funzionavano, avevo visto molte donne aggiustarsi le calze pensando di non essere viste.
Mi sedetti sul letto che troneggiava nella stanza di fronte a uno specchio a parete, accavallai le gambe come avevo visto fare alle mie compagne di scuola, le strofinai una contro l'altra e sentii montare dentro di me una grande eccitazione legata al piacere di indossare anche io calze e reggicalze ed essere desiderabile come le ragazze dei giornaletti. Il tutto culminò nel primo orgasmo della mia vita, inaspettato, che mi lasciò terrorizzato.
Ma la paura durò poco: capii che era un fatto normale e da allora presi a indossare calze e reggicalze tutte le volte che volevo procurarmi piacere: per me erano l’essenza stessa della femminilità.
Michelle

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Re: Reggicalze e affini

Messaggio da Dafne73 »

Ale, i miei complimenti per la storia che hai condiviso. Molto interessante la reazione di tua madre, anche a me sarebbe piaciuto ricevere un regalo del genere un messaggio importante di accettazione del nostro modo di essere. Purtroppo a me non è mai arrivato anche perché non mi sono mai esposta

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Re: Reggicalze e affini

Messaggio da Marinatravoi »

Ale, bellissimo il tuo racconto, che avevo letto già a luglio, ma non avevo avuto modo di rispondere subito.
Ma quanto amore ti ha dimostrato tua madre, un gesto bellissimo quel suo regalo...e assolutamente intelligente la sua reazione di fronte alla scoperta di questa tua passione....tutta la mia ammirazione!
Marina

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Re: Reggicalze e affini

Messaggio da Io, (e) Giulia »

Devo ringraziare Dafne e Marina che, con il Loro commento, hanno portato alla ribalta questo topic di Ale che mi era sfuggito (....nerissimo e durissimo periodo di lavoro fu ....).

Cara Ale, anche in questo Tuo, magistrale racconto, noto l'enorme malinconia che Ti pervade, delle scelte fatte e delle scelte non fatte.

Ma quel momento di Vita, con Tua Madre (....grandissima...), è stato splendido e, sicuramente, lo annovererai tra i momenti più belli di tutta la Tua di vita (..... e sì, ci sono anche quelli ....).

Sempre grazie della condivisione.

In merito ai “grandi temi della vita”, anche in questo caso non posso che ringraziarti .......anni di abbili feci, inutilmente, per far star quella maledetta, ma bellissima, riga ..... in linea.

Giulia ...... che, comunque, i reggicalze a sei ganci li aveva.....ma non sapeva....

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Ale
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Re: Reggicalze e affini

Messaggio da Ale »

Care ragazze, grazie a tutte e tre per le bellissime parole che mi avete dedicato. Concordo con l’idea che ho avuto una madre straordinaria ma quello che le madri riescano a inventare nell’intenzione di proteggerci, talvolta anche coi modi poco prevedibili, è comunque tutte le volte pensato come un incanto capace di respingere le ombre ed i malumori con i quali il destino capriccioso accompagna il nostro vagabondare sfiorando le vite felici e vite rovinate. loro è sempre un meraviglioso canto d’amore, pegno unico e irripetibile offerto nel tentativo di imbarcare sull’arca e garantire salvezza anche a quelli condannati al diluvio e omessi dalla lista aggiornata con nuovi e spietati criteri di Noè di turno. Ero fortunata ad avere Paola accanto all’incontro con mio invisibile inquisitore che mi sussurrava le sagge parole di Aristotele dicendo: “Chi non è capace di vivere in società, o non ne ha bisogno perché è sufficiente a sé stesso, deve essere un Dio o una bestia…” Io, appena colta nel peccato, nel tentativo (ripetuto ahimè!) di appropriarmi di quello che gli Dei mi hanno negato alla nascita, stavo per crollare, per alzare la bandiera bianca e abbracciare la Regola. A quell’età serve miracolo, un angelo, magari travestito da madre, a portarti fuori dal labirinto dove sei incarcerata. A me è successo per fortuna. Ricordo le sue parole, pronunciate tempo dopo, quando cercavo le risposte a quello che mi era successo: “Da tempo sentivo il tuo disagio. Certe cose non potevi nascondere, e quando mi hai costretta ad affrontare il problema, indecisione sarebbe stata la soluzione peggiore. Alla tua insaputa avevo chiesto già pareri ed ho cercato il consiglio. Ti osservavo con attenzione e notavo le piccole furberie con quali tentavi di ingannare me, gli altri e forse anche te stessa. Avevo terrore di tante trappole, di tentazioni in aguato e forse desideravo, speravo anzi, che tu un giorno tornassi con la fidanzata per presentarmela, risolvendo il problema. Ero ben conscia però, che tuo mondo volgeva dall’altra parte. Quando ho capito che hai provato, che hai voluto cercare “l’uscita” ma senza riuscirci, l’imperativo per me era diventato tenerti in piedi, integro e con il sorriso in faccia, e non c’era il prezzo che non ero disposta a pagare.” Poi con tocco di malizia aggiunse: “Come hai visto, bastava un po’ di lingerie, in fondo il prezzo era abbordabile.” Ma quanto la volevo bene in quell’istante e come la sentivo il mio angelo protettore! Mia mamma, mia Paola con il suo coraggio, la sua forza e la sua determinazione, simbolo della vita che resiste a tutto, bella, fragile, e delicata. Si, era forte mia mammina, trentina DOC, atea e anarchica per l’eredità, e sempre pronta a sfasciare le regole e canoni e difendere proprie decisioni. Se n’è andata ancora giovane, tradita dal cuore, lasciando un vuoto che non sono mai riuscita a colmare. Nel libro The Decisive Moment, di Henri Cartier-Bresson, il regalo per i miei 16 anni, ho trovato il foglio riempito con la sua bella scrittura contenente il testo di Baruch Benedict Spinoza, proposta di un possibile Dio, unico credo che io abbia mai abbracciato. Eccolo qui:
“Smetti di pregare e di batterti il petto. Quello che voglio che tu faccia è che tu esca, vada nel mondo a goderti la vita. Voglio che tu goda, che canti, che ti diverta e che approfitti di tutto quello che ho creato per te. Smetti di andare in quei templi lugubri, oscuri e freddi che tu stesso hai costruito e che dici che sono la mia casa. La mia casa è nelle montagne, nei boschi, nei fiumi, nei laghi, le spiagge. Lì è dove vivo e dove esprimo il mio amore per te. Smetti di incolparmi della tua miserabile vita; io non ti ho mai detto che c’era qualcosa di male in te o che eri un peccatore o che la tua sessualità era qualcosa di sbagliato. Il sesso è un regalo che ti ho dato, attraverso il quale tu possa esprimere il tuo amore, la tua estasi, la tua allegria. Quindi non incolpare me per ogni cosa che ti hanno fatto credere. Smetti di leggere scritture sacre che non hanno a che fare nulla con me. Se non puoi leggermi in un’alba, in un paesaggio, negli sguardi dei tuoi amici, negli occhi di tuo figlio… Non mi troverai in nessun libro!! Fidati di me e smetti di invocarmi. Vuoi insegnarmi a fare il mio lavoro?! Smetti di avere paura. Non ti giudico, non ti critico, non mi arrabbio, non mi offendo né do castighi. Io sono amore puro. Smetti di chiedere perdono, non c’è nulla da perdonare. Sì, ti ho creato. ti ho riempito di passioni, di limiti, di piaceri, di sentimenti, di bisogni, di incoerenze e di libero arbitrio. Come posso incolparti se rispondi a qualcosa che io ho messo in te? Come posso castigarti per essere ciò che sei, se sono io colui che ti ha creato? Pensi che potrei creare un luogo dove bruciare tutti i miei figli che si comportano male, per il resto dell’eternità? che razza di Dio può fare una cosa simile? Dimenticati di ogni comandamento, di qualsiasi tipo di legge, sono trucchi per manipolarti, per controllarti e crearti sensi di colpa. Rispetta i tuoi simili e non fare a loro ciò che non vuoi sia fatto a te. L’unica cosa che ti chiedo è che tu ponga la giusta attenzione alla tua vita, che il tuo essere vigile sia la tua guida. Amato mio, questa vita non è una prova, né un gradino, né un passo di un cammino, non un saggio, né il preludio del paradiso. Questa vita è l’unica cosa che c’è e di cui hai bisogno. Ti ho creato assolutamente libero, non ci sono peccati, né virtù, non ci sono etichette e nessuno tiene un registro. Sei assolutamente libero di creare della tua vita un inferno o un paradiso. Non posso dirti se c’è qualcosa dopo questa vita, ma posso darti un consiglio. Vivi come se non ci fosse. Come se questa fosse l’unica opportunità di godere, di amare, di esistere. Così se non c’è nulla, avrai sfruttato l’opportunità che ti ho dato. E se c’è, stai pur certo che non ti chiederò se ti sei comportato bene o male, ti chiederò… Ti è piaciuto? Ti sei divertito? Qual è la cosa di cui hai goduto di più? Cos’hai imparato? Smetti di credere in me; credere è supporre, indovinare, immaginare. Io non voglio che tu creda in me, voglio che tu mi senta in te quando baci la tua amata, quando abbracci tua figlia, quando accarezzi il tuo cane, quando fai il bagno in mare. Smetti di lodarmi. Che razza di Dio egocentrico pensi che io sia? Mi annoiano le lodi e i ringraziamenti… Ti senti grato? Dimostralo, prenditi cura di te stesso, della tua salute, delle tue relazioni, del mondo. Ti senti guardato? Sopraffatto? Esprimi la tua allegria! Questo è il modo di lodarmi. Smetti di complicare le cose e di ripetere come un pappagallo le cose che ti hanno insegnato su di me. L’unica certezza è che sei qui, che sei vivo e che questo mondo è pieno di meraviglie. Perché hai bisogno di altri miracoli? Perché tante spiegazioni? Non cercarmi fuori, non mi troverai. Cercami dentro…sono lì, in ogni battito del tuo cuore.”

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Re: Reggicalze e affini

Messaggio da LellaB »

Ale ha scritto: venerdì 15 luglio 2022, 13:21 [...]
Un giorno qualsiasi di un maggio qualsiasi, quando il pomeriggio libero mi aveva regalato l’opportunità di sognare distesa sul divano con sottoveste color pesca, calze velate grigie e bicchiere di gin in mano, mi sono svegliata ore dopo, a notte inoltrata, con la trapunta addosso e il bicchiere vuoto sul tavolino. Bastava la sbirciata nella camera di mia madre per capire l’accaduto, e poi mi sono svestita oppressa di vergogna riportando con cura tutto nel cassetto da dove l’avevo “prestato”.
[...]
Questo tuo bellissimo racconto mi ha fatto venire in mente un episodio della mia giovinezza... avevo circa tredici anni e anche quell'anno eravamo andati in vacanza in una vecchia casa di campagna in Toscana. In un cassetto del comodino di una camera da letto, avevo scoperto una guêpière rosa e due paia di calze color carne. Sta cosa aveva turbato il mio delicato equilibrio di giovinetto imberbe, ma fortemente attratto dall'intimo femminile, e così avevo deciso che dovevo provare questi indumenti proibiti. Un pomeriggio assolato, mi ritirai nella camera, chiusi la porta alla bell'e meglio (non aveva la serratura a chiave, quindi legai la maniglia alla gamba del letto), indossai il tutto con grandissima eccitazione e piacere, e... mi addormentai! Fui risvegliata da una zia che mi chiamava tirando la porta (e spostando il letto!) al che, addormentata, confusa e spaventata dall'essere stata sorpresa in abbigliamento non conforme, balzai dal letto bloccando la porta e cercando di tranquillizzare la zia e quindi, una volta tornata la calma, mi cambiai e ripresi l'aspetto atteso. Nessuno dei familiari mi ha mai detto nulla, ma devo comunque essere stata sgamata perché quegli indumenti intimi in capo ad un paio di giorni sparirono dal cassetto.

A parte questo, cara Ale hai avuto una mamma fantastica che, non solo ti ha accettata ed ha cercato di aiutarti nei momenti delicati, ma ti ha donato delle cose bellissime come il libro di un grande fotografo (se già ti eri innamorata della fotografia, è un dono molto significativo) e il testo di Spinoza. Mamma intelligente, con una mente apertissima ed un amore verso di te sconfinato...
Antonella : Nar :

E' facile essere una femmina, bastano un paio di tacchi a spillo e abiti succinti. Ma per essere DONNA ti devi vestire il cervello di carattere, personalità e coraggio (Anna Magnani)

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Re: Reggicalze e affini

Messaggio da Dedesignora »

Ho letto tutti i vostri racconti, grazie.
Un grazie particolare a te tenerissima Ale che mi sciogli il cuore quando ti leggo.
Dedé

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