Io, (e) Giulia

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Io, (e) Giulia
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Io, (e) Giulia

Messaggio da Io, (e) Giulia »

Ci sono momenti, nella vita, in cui qualcuno ti manca, così tanto, che vorresti proprio tirarlo fuori dai tuoi sogni, per abbracciarlo davvero! (Coelho)

PREMESSA
(IO)Conosco questo sito da molti anni e, forse, potrei anche essermi iscritto...ma l’età, purtroppo, inizia a giocarmi brutti scherzi: vetusto sono… e 62 anni…cominciano ad avere il loro peso.
Questa storia delle presentazioni accurate, pena il mancato benvenuto delle moderatrici del sito, mi ha, inizialmente, infastidito: ci dobbiamo scoprire senza nulla sapere di chi ci legge?
Fatti conoscere meglio! Quando hai cominciato? Come? Condividi? Esci o non esci? Hai detto poco, dicci di più!
MA SBAGLIAVO! Riflettendo, meglio, anche con l’aiuto di Giulia, ho capito che Voi moderatrici avete la responsabilità di dovere fare da filtro, di proteggere chi è già iscritto (non ha caso gli almeno 50 messaggi, forse non bastanti, per avere l’accesso alla sezione fotografica), e di doverlo fare sulla base di poche frasi, riuscendo a distinguere, tra quelle poche righe, il vero dal falso, l’interessato solo al sesso da chi ha una sincera voglia di condivisione; anche se il sesso, a certe condizioni, io dico, non guasta mai ( ohpss…forse con quest’ultima affermazione mi sono giocato il benvenuto!). Quindi, grazie a Valentina, a Roby e a CristinaV (che sembra la più tosta) e a tutte le altre che si fanno carico di questo compito (…io…speriamo che me la cavo…).

(GIULIA)Dopo circa 20 anni, di assenza dal web, adesso, sento, fortemente, il bisogno e il desiderio di condividere le mie esperienze, il mio vissuto e (perché no?), anche il mio futuro, con chi, tra Voi, mi vorrà accettare, facendomi il dono della Sua amicizia. Sarei più onesta dicendoVi che nei primi anni, della mia assenza, mi sono dovuta nascondere, non avendone avuto la forza e il coraggio, mentre, negli ultimi anni, non ho sentito la necessità, di confrontarmi/rapportarmi/conoscere persone simili a me, data la situazione idilliaca in cui mi sono trovata, ma che, purtroppo, oggi, è finita.
(In merito a quanto ha detto lui, bisogna precisare che non è vero che è vetusto. Gli piace sminuirsi; porta i sui 61 (no 62!) anni “divinamente”: 48 anni di maratone e 4 di mountain bike, con percorsi anche di 80/100 km a uscita, 2/3 la settimana. Si può permettere di mangiare di tutto, anche barattoli interi di quella favolosa crema al cioccolato e nocciuole!!! LO ODIO!!! Certo non ha più 20 anni e qualche normale acciacco dell’età lo stravolge. In merito alle sue affermazioni sul sesso ha parlato quello che è andato a letto solo con le quattro donne che ha amato nella sua vita, se consideriamo anche me!)

(I)GIULIA!! Abbiamo deciso di provare ad iscriverci, ma questo non ti autorizza a sputt…!

(G)Ma io ti volevo solo aiutare! Bella riconoscenza che dimostri! Cò sto fatto che dice sempre quello che pensi, senza mentire, nel momento in cui non sei esaustivo, corri il rischio di essere frainteso!

(I)…Hai ragione...scusa…ehm…grazie.

(G)Lo sai che non ti posso portare rancore. Ti conosco troppo bene dopo 49 anni di vita insieme. A proposito RICORDATI di dire che io ho “SOLO” 41 anni! Ben 20 in meno di te vecchietto! (…azz…, ma ci stanno leggendo?!!)

(I)Giulia, Giulia, sei sempre la stessa, istintiva, spontanea, di cuore …. e poco razionale, ma amabile come sempre (comunque devo chiarire meglio quale è stata la causa che ha costretto Giulia a nascondersi per alcuni anni: lo ha fatto per me e per mio figlio, per salvare il nostro rapporto da chi avrebbe voluto usare Giulia per distruggerlo). Ora fammi continuare senza interrompermi, altrimenti penseranno che siamo prolissi e verbosi (….mi sovviene un dubbio: forse, un pochino, lo siamo? Ma che dite! Nooo!)
Quindi, abbiamo deciso di provare ad iscriverci, ma abbiamo deciso di presentarci entrambi, perché non siamo o l’uno o l’altra, perché l’uno non esclude l’altra; perché, pur avendo esigenze, mentalità e modi di essere e di fare, profondamente diversi (ad esempio io non bevo vino, Giulia si!), avendo vissuto un’intera vita insieme, queste diversità, ci hanno completato vicendevolmente, rendendo il nostro rapporto il più stabile, il più duraturo, il più affidabile della nostra intera vita.

“A volte nella vita,
si creano davvero legami che nulla può spezzare...
a volte capita, veramente,
di trovare quella persona speciale,
che ti resterà accanto qualunque cosa accada;
magari la trovi in un consorte, e festeggi l’unione con il matrimonio dei tuoi sogni…
…ma potrebbe anche succedere,
che la persona su cui possiamo contare per tutta la vita,
l’unica persona che ci conosce davvero,
a volte meglio di noi stessi,
sia la stessa persona che abbiamo avuto accanto, sin dall’inizio. (La mia migliore nemica)”

Devo tanto a Giulia: mi ha insegnato ad ascoltare anche il cuore e non solo la ragione, che l’istinto, a volte, vale più di mille logiche, mi ha insegnato l’empatia e la tolleranza, mi ha insegnato che, a volte, anche la leggerezza è importante e che è importante ridere e, se capita, non avere vergogna di piangere, che non bisogna essere sempre tutto d’un pezzo e che, se non ti vuoi spezzare, devi piegarti per farti sorreggere ed aiutare da chi ti sta vicino perché ti vuole bene e, dulcis in fundo, mi ha fatto scoprire, e provare, i sentimenti, le sensazioni e le emozioni!
Giulia deve a me la sua vita, la possibilità che le ho dato di esistere, di crescere, di potersi manifestare, di piacersi, di migliorarsi, di sentirsi, purtroppo non sempre, libera. Giulia mi conosce profondamente, come mai nessuna delle donne che hanno fatto parte della mia vita (Madre, sorelle, fidanzate, mogli, amiche). Giulia c’è sempre stata, nei momenti belli ma anche nei momenti più bui della mia vita. Giulia non mi ha mai tradito.
Sicuramente ha dato più Lei a me che io a Lei; adesso è giunto il momento che Le conceda altri spazi e che Le dia la possibilità di confrontarsi con Donne come Lei.
Perché condividiamo lo stesso corpo.
Perché Giulia … sono io.
(No no, il termine schizofrenico non è adatto, cercate su wikipedia; si potrebbe, forse, subodorare uno sdoppiamento della personalità, ma mancherebbero alcuni elementi essenziali di tale patologia. Vedetela come un modo, sicuramente fuori dall’ordinario, di presentarsi e di sdrammatizzare i problemi che la nostra situazione comporta).

QUANDO, COME E PERCHÉ È NATA GIULIA
Premetto che quello che racconterò non ha lo scopo di impietosirVi: servirà per meglio illustrarVi come si sono evolute le nostre vite e come, penso di aver capito (qualsiasi valutazione critica sarà ben accetta), sia nata e, successivamente, si sia evoluta la mia Giulia, forse, in modo diverso dalle vostre anime femminili. Premetto, altresì che questa mia comprensione delle dinamiche è una chiarezza avvenuta solo negli ultimi anni; prima non mi sono mai posto domande in tale senso: Giulia c’era, è basta (con tutti i problemi, voi mi capirete, che comportava la sua presenza).

(G)Eh dai! Non solo corri il rischio di essere palloso ma, scommetto, che dopo qualche riga, la maggior parte di coloro che ti leggono si stancheranno. PIU’ COINCISO! VAI AL PUNTO! (e poi sta storia dei problemi che ho comportato…non mi piace per niente!).

(I)Tranquilla, quelli che, un tempo, pensavo fossero problemi, oggi, ho capito che erano indissolubilmente legati alla tua nascita e alla tua, successiva presenza, senza la quale, io, oggi, forse, non sarei più qui e, sicuramente, non sarei la persona che sono diventato. Oggi quei problemi, sia passati, che presenti, li accetto, li considero pilastri delle nostre vite e della nostra storia…e li amo…con la stessa intensità dei momenti belli che abbiamo condiviso.

(G) (Smack! Smack!)

(I)Giulia è nata nel 1973, nel mese di luglio, esattamente un anno dopo la morte di mio Padre, avvenuta quando avevo solo 12 anni. Ero il più grande di 6 figli, tutte donne eccetto me; la più piccola ne aveva 2. Mia madre era una casalinga all’antica; ci accudiva, ci curava, faceva le pulizie di casa, faceva la spesa, cucinava (meglio di uno chef) e quando era ora di mangiare ci urlava dal balcone di rientrare subito a casa: A TAVOLAAA!! Ma oltre a questo e a sfornare figli (cattolicissimi erano) non aveva mai fatto altro; a tutto il resto pensava mio Padre, unica fonte di reddito. La sua morte ci portò in un baratro, mia madre crollo, e per un anno, oltre a piangere da quando si svegliava e a quando, con grande difficoltà, si addormentava, non fu più in grado di fare nulla. Iniziai a cucinare io (e non vi dico i disastri che ho combinato!), per tutti, quasi esclusivamente pasta, sia a pranzo sia a cena (non c’era altro). Pulivo casa, imparai a lavare i vestiti a mano (niente lavatrice), vestivo le mie sorelle, le portavo a scuola, le riprendevo, le facevo mangiare, controllavo che studiassero, le mettevo a letto, cercavo di farle ridere e, quando, soprattutto nei primi tempi, piangevano, molto spesso la notte, sia per l’assenza di papà che per l’assenza della mamma, cercavo di consolarle. Per la più piccola vi lascio immaginare (ma una vicina di casa ce la teneva quando eravamo tutti a scuola). Le lavavo la domenica, tutte insieme, nella vasca da bagno: non vi dico il macello e le risate (ma al momento dello sciampo era davvero dura, almeno fino a quando non mi inventai, con un sotto torta, di cartone spesso, una specie di cappello visiera per proteggere gli occhi). Mia madre, sempre a letto. I primi tempi, per farla mangiare la imboccavo. La sera, ma non sempre, mi permetteva di pettinarle i capelli, diventati una massa informe. I pochi soldi messi di lato finirono presto. Iniziai a lavorare (apprendista manovale, apprendista traslocatore, apprendista corniciaio, apprendista di tutto quello che trovavo), ma nonostante la sera non riuscissi a dormire per i dolori, il mio contributo economico era insufficiente, anche solo per sfamarci. Iniziai ad andare in parrocchia a ritirare scatole di cibo e medicine; la mattina alle sei, con due bottiglie di vetro, andavo dal bovaro, nella stalla vicino casa (conosceva mio Padre), che le riempiva con il latte, caldo, appena munto; dai parenti, che ci davano sacchetti di vestiti per le mie sorelle (chissà perché sempre 1/2 misure più grandi di quelle che servivano) (io non ne avevo bisogno: usavo, e continuai ad usare fino a sedici anni, i vestiti di mio Padre che, anche se grandi, si riuscivano ad adattare facendo una doppia svolta all’orlo dei pantaloni e stringendo la vita, con le sue cinture, alle quali aggiungevo buchi). Ma i soldi servivano sempre: per la luce, per il condominio, per tutte quelle cose necessarie, ma che nessuno ci poteva regalare, e per pagare le due maledette rate di mutuo semestrale sulla casa, che mio padre, dopo anni di sacrifici era riuscito a comprare, 2 anni prima di morire. Allora andai dai colleghi di lavoro di mio padre che, generosamente, iniziarono a tassarsi, e settimanalmente, rigorosamente a piedi per non pagare l’autobus, andavo a ritirare una busta, che la sera, a casa, aprivo, decidendo a cosa destinare quelle preziose risorse: questa volta pago la bolletta della luce, e forse riesco a comprare due matite e due penne per le mie sorelle così la smettono di litigarsi; con i prossimi, compro i pannolini, i quaderni che sono finiti e la bombola del gas. Imparai ad aggiustare tutto quanto: tavoli, sedie, lampade, forno, cambiare la bombola del gas, serrande e tutto quello che in continuazione si rompeva o smetteva di funzionare. Non ho più giocato, non avevo il tempo (non che ricordassi di avere giocato prima ma i soldatini di plastica e la scatola del lego, sotto il mio letto mi chiarivano che, prima, in qualche modo giocavo), né in casa né fuori, con gli amici d’infanzia, che persi. Portavo le mie sorelle dal dottore quando stavano male e al centro vaccinazioni, con i libretti, per i richiami. Imparai a gestire le medicine e a fare le iniezioni. Se qualcuna di loro stava o si faceva male a scuola o fuori, avvertito da una di loro, correvo a prenderla e se non potevano camminare, perché la caviglia era slogata o il ginocchio sbucciato, me la portavo a cavalluccio fino a casa. Andavo a scuola a ritirare le loro pagelle e per “parlare con i professori”. Tutte brave. La più grande eccelleva in italiano e aveva un grande senso artistico, poi c’era quella brava in matematica, la quarta era solo un poco scarsa in geografia e storia, ma erano convinti che avrebbe recuperato. Mi raccomandavano di fare vedere e firmare le pagelle a mia madre ma, per quanto gliele leggessi, sembrava che non ascoltasse e il più delle volte ero io a mettere la firma. Andavo al comune, per i documenti identità o i certificati, che servivano per la scuola. Per mesi ho combattuto con il cimitero per trovare un posto per mio Padre, messo a deposito. Dicevano tutti, sempre, le stesse cose: “Tu sei troppo piccolo”, “Non puoi accompagnare tu le tue sorelle”, “Devono venire tuo padre o tua madre”. E quindi, sempre la stessa domanda: “Dove sono i tuoi genitori?”. Allora spiegavo tutto. A volte incontravo gente gentile o che, impietosendosi, mi aiutava, a volta degli stronzi assoluti. Per un foglio d’identità, senza il quale mia sorella maggiore non poteva essere iscritta alla scuola media, dopo essere andato a vuoto, per non ricordo quante volte, perché erano necessari due testimoni maggiorenni, riuscii a convincere due signore, a turno per lo stesso motivo, a fare da testimoni in quanto “zie”. In tutte queste situazioni, dove mi sono dovuto confrontare con i “grandi” (soprattutto nelle riunioni di condominio) ho visto quanto poco valevano molti di loro: quei “grandi”, che fino a pochi mesi prima consideravo alla stregua di quasi dei, onniscienti e competenti. Ma ho anche incontrato gente favolosa, come il direttore della banca, che dopo avermi redarguito, come gli altri, non solo capì ma mi aiutò facendosi carico delle prime due rate di mutuo (quando la situazione economica cambiò, provai a restituirgli i soldi, ma non li volle e mi disse di darli a qualcuno che ne avesse veramente bisogno). In tutto questo, ancora ad oggi, mi chiedo come sia riuscito ad andare a scuola anch’io (studiare il pomeriggio, lavorando, o la sera casa, non era possibile; quindi studiavo li, nell’intervallo o negli spazi tra una lezione e l’altra). A 13 anni ho dovuto rinunciare anche al mio sogno di fare l’ingegnere. In una riunione di famiglia, con i parenti “grandi”, bravi a parlare, ma non ad essere presenti e a dare aiuto, mi convinsero che 5 anni di scientifico ed altrettanti di università, erano un lusso che la mia famiglia non si poteva permettere e quindi “scelsi” un istituto professionale che mi avrebbe aperto, alla fine dei 5 anni, le porte al mondo del lavoro ben remunerato. Questo e tantissimo altro…..troppo altro, anche negli anni successivi (Non vi crucciate! Tengo a precisare che non ho rimpianti di nessun tipo e che posso dire, oggi, di essere felice di aver aiutato la mia famiglia e di avere avuto una vita piena di soddisfazioni personali e professionali). Purtroppo il mio essere bambino/ragazzo cessò di esistere, da un giorno all’altro, insieme ai miei ricordi antecedenti la morte di mio Padre. Rammento solo pochi momenti brutti e difficili, ma niente di bello. I miei ricordi belli risiedono nella memoria delle mie sorelle o di mia madre, ma non sono i miei; sono solo immagini sfocate viste da fuori (mai riesco a vedermi con mio Padre che, per quanto mi sforzi, resta solo un volto sulle fotografie, un’entità fantasma, nei loro racconti). Non hanno anima, né sentimenti …. i miei sentimenti…….che sicuramente c’erano….ma che sono stati tutti cancellati. Questo spiega quello che io, negli anni successivi, sono diventato: un uomo tutto d’un pezzo, che si è ripromesso, riuscendoci, di non soffrire e di non far soffrire mai più, la povertà, alla propria famiglia, una persona generosa, ma che non si piega, che usa solo la logica e il raziocinio, incapace di piangere o sfogarsi, che se c’è un problema, lo deve risolvere a qualsiasi costo senza alcuna comprensione per chi si fa abbattere (il più delle volte le stesse persone che stavo aiutando) senza alcuna empatia, una persona precisa e puntigliosa, quasi maniacale, che non lascia mai niente al caso. Un asentimentale o più precisamente un alessitimico.
A metà luglio, del 1973, vennero i parenti di mio Padre, dal paese di pescatori, dove era nato, e per la prima volta, dalla sua morte, qualcuno, che non fossi io, prese una decisione per tutti noi. Ci avrebbero portato tutti, mia madre compresa, al paese, almeno fino alla riapertura delle scuole. Erano persone toste, sbrigative e spartane e mi piacevano, e poi le mie sorelle avrebbero sicuramente trovato agio dall’aria di mare e mia madre, sicuramente, un aiuto, più consono alla sua condizione, dalle sorelle più grandi di mio Padre. Quindi, non mi opposi, ma decisi di non andare: non potevo lasciare la casa abbandonata per due mesi e poi in quel periodo guadagnavo bene (per i miei parametri di allora) lavorando per una ditta che puliva cisterne dell’acqua (ero molto utile, in quanto, l’unico che avesse la corporatura adatta per infilarsi in quelle strettissime aperture). Non vi dico i pianti delle mie sorelle alla stazione e quanto faticai a tranquillizzarle. Mia madre, invece, niente….sempre assente.
Quindi, per la prima volta, in tutta la mia vita, mi ritrovai solo a casa.
Quindi, per la prima volta dalla morte di mio Padre, non dovevo occuparmi o preoccuparmi di qualcuno se non solo di me stesso.
Allora non capii perché lo feci.
Dopo essermi fatto la doccia per togliermi di dosso il fango dell’ultima cisterna che avevo pulito, coperto dall’asciugamano, andai a prendere il mio pigiama, che avevo lavato la mattina, nel balcone, e, a che c’ero, raccolsi le altre cose stese.
Tra queste c’era una camicia da notte di mia madre, leggera, nera, forse di tessuto sintetico, liscia, morbida…..e la indossai.
Quindi mi preparai da mangiare, pulii le stoviglie e mi andai a coricare, distrutto come al solito, con la camicia da notte indosso.
E dormii. Dormii come non facevo da un anno. Dormii senza svegliarmi per tutta la notte.
Era domenica, mi svegliai tardi, intorno alle otto, e quando sentii la morbidezza di quel tessuto sulla mia pelle e con le mie mani provai una SENSAZIONE incredibile.
Provai un PIACERE intenso (nessuna eccitazione, la mia pubertà partirà alcuni mesi dopo, sicuramente ritardata dagli stress subiti e dalle preoccupazioni che mi ossessionavano).
Provai PIACERE, una sensazione che mi era sconosciuta (purtroppo, anche se sicuramente, avevo provato sensazioni di piacere, prima della morte di mio Padre, non ne avevo memoria).
Mi alzai, feci colazione, mi lavai i denti e andai ad aprire l’armadio della stanza da letto di mia madre. Presi una camicetta colorata ed una gonna e le indossai. Ma da perfezionista compulsivo quale sono, mi ricordai dell’intimo, delle calze e dei reggiseni. Allora aprii i cassetti del comò. Presi un paio di mutande merlettate, delle calze beige, un panciera bianca con reggicalze incorporato, un reggiseno. Indossai il tutto perdendo tempo nel capire come fare. Quando indossai le calze, setose, quella sensazione di PIACERE si rinnovò nuovamente, in modo più forte di quella provata la mattina. Indossai il reggiseno e capii che dovevo mettere qualcosa dentro, per riempire le coppe; dopo varie prove utilizzai dei calzettoni miei arrotolati. Quindi, di nuovo la camicetta e la gonna. Infine presi delle scarpe, tutte con tacchetto basso e, con molte difficoltà (erano piccole per i miei piedi), riuscii ad indossare anche quelle.
Mi guardai allo specchio, o meglio, guardai cosa avevo indossato, non me. Ci stesi un pezzo, non capivo perché lo stessi facendo, ma desideravo ardentemente provare ancora quella sensazione di piacere.
Uscii dalla stanza e mentre attraversavo il corridoio, in mezzo alla corrente, sentii il fresco entrare da sotto la gonna, mentre mi accarezzava le calze e le gambe.
E provai di nuovo PIACERE.
Non riuscivo a smettere: andai avanti e indietro per il corridoio per molto tempo, aprii le altre stanze, le finestre e i balconi per creare più corrente, e quella sensazione di fresco PIACERE mi INEBRIAVA! Avevo scoperto un’altra sensazione.
E il cuore, il cuore mi batteva forte, lo sentivo rimbombare nel mio petto: bellissimo anche questo.
Mi dovetti sedere, come dopo una corsa, per riprendere fiato.
E a quel punto…scoppio!
Non venne dalla testa, dai ragionamenti, dalla logica o dai pensieri, venne da dentro: un tumulto che saliva dal petto, che mi riempi tutto, fino a non poterlo più trattenere.
E piansi…
Ricordo di non aver pianto quando ho visto morire mio Padre, ma di prima, anche se sarà sicuramente successo, non ho memoria alcuna.
Piansi per quello che mi sembrò un tempo infinito.
Volevo smettere, stringevo i denti, mi tappavo gli occhi con le mani, ma le lacrime continuavano a volere uscire.
Arrivai a darmi pugni in testa…tutto pur di riuscire a smettere!!
Niente, non ci riuscivo.
Allora gridai, gridai come, forse, non avevo mai fatto in tutta la mia vita, con una voce che non mi apparteneva, che non riconoscevo.
E questo mi preoccupò e mi SPAVENTÒ.
E la PAURA di quello che mi stava succedendo mi fece smettere di piangere.
Il respiro si fece, poco a poco, meno affannoso e, lentamente, mi calmai.
All’inizio sentii solo un gran vuoto (non so spiegarlo meglio).
Ma, dopo un po’, provai RILASSAMENTO…(UHAU!).
Decisi di restare tutto il giorno vestito così. Mangiai e mi sedetti sul divano. Presi uno dei libri di fantascienza che non leggevo da più di un anno e mi concessi il lusso di leggere tutto il pomeriggio, interrompendomi, ogni tanto, per accarezzarmi le gambe coperte da quelle, splendide, calze setose.
In quel momento non avevo preoccupazioni di sorta. Ero finalmente SERENO!
Quindi cena, sempre en femme, e a letto, con la camicia da notte, guaina e calze.
Dormii di nuovo bene.
E’ così è nata Giulia, appena abbozzata, e allora, ancora, senza nome……

(G)Sniff, sniff…
Lo so, c’ero pure io! Ogni volta che ricordi quei momenti, mi sento combattuta.
Da un lato mi sento triste per te, dall’altro, non posso che essere felice di essere nata, sia per me stessa, ma soprattutto per te. Anche tu sei nato, anzi rinato quel giorno.
Tutte quelle sensazioni che hai provato, sia belle…bellissime, che dolorose, sono il succo della vita! Senza le sensazioni e i sentimenti, la vita è solo un guscio vuoto e freddo.
E anche se ci hai messo quasi quarant’anni, adesso, le hai fatte anche tue e non hai più bisogno di me per provarle o esternarle. E di questo sono felicissima.

(I)E io ti sono e ti sarò sempre grato per tutto quello che mi hai insegnato e che mi hai fatto provare. Ma, sappi, che avrò sempre bisogno del tuo aiuto e della tua presenza.
Oggi mi sembra chiaro perché indossai i vestiti di mia madre. Avevo bisogno di lei e lei non c’era. Quindi inconsciamente, dopo aver preso il suo posto, sostituendola in tutto e per tutto, per averla, anche, vicina e presente, la impersonai.
Mi è chiaro, anche, perché non avvenne lo stesso per mio Padre: lui era morto, non c’era e non ci poteva essere e la mia memoria lo aveva cancellato. Non mi potevo immedesimare in Lui, anche se avevo sostituito pure Lui.
Mi è, anche, chiaro, che Giulia, per me rappresentò, in quei momenti e per molti anni successivi, l’unica possibilità di sentirmi vivo, provando sentimenti che mi erano negati (o che io stesso mi negavo) e per quella fame di sensazioni, che non avevo coscienza di desiderare, poiché inconsciamente represse, in un disperato tentativo di auto-protezione.
Sicuramente anche l’assenza di un riferimento maschile, sia per la Sua morte che per la mia amnesia, ha avuto il suo peso.
E, anche, l’essere circondato da sole donne ha avuto un suo peso, ma non perché prese a modello da emulare o in cui immedesimarmi: non mia madre, sicuramente, ma neanche le mie sorelle, per le quali divenni il padre-sostituto, ma per un motivo più sottile.
Per me le Donne divennero oggetto di protezione (ero un ragazzino allora), di preoccupazione, da accudire e sostenere, ma di me non si occupava-preoccupava nessuno. Quindi, nell’assumere quella veste femminile, inconsciamente, cercavo qualcuno che si occupasse, preoccupasse di me o che mi proteggesse.
In altre parole:
“datu chi nun ci futte nenti a nuddu, ri chistu carusu màsculu videmu, si pi 'na fìmmina, truvamo 'na pirsona ri cori bonu (famosissimo detto siculo del sedicesimo secolo…forse).

(G)Gioia, infatti, l’hai trovata!
Ti voglio dedicare e cantare una canzone…ascoltala e, soprattutto, guarda il video!

Tututututututututututu…..
Ti proteggerò dalle paure delle ipocondrie
Dai turbamenti che da oggi incontrerai per la tua via
Dalle ingiustizie e dagli inganni del tuo tempo
Dai fallimenti che per tua natura normalmente attirerai
Ti solleverò dai dolori e dai tuoi sbalzi d'umore
Dalle ossessioni delle tue manie
Supererò le correnti gravitazionali
Lo spazio e la luce per non farti invecchiare
E guarirai da tutte le malattie
Perché sei un essere speciale
(ndr: tutti siamo speciali!)
Ed io, avrò cura di te

Più veloci di aquile i miei sogni
Attraversano il mare
Ti porterò soprattutto il silenzio e la pazienza
Percorreremo assieme le vie che portano all'essenza
I profumi d'amore inebrieranno i nostri corpi
La bonaccia d'agosto non calmerà i nostri sensi
Tesserò i tuoi capelli come trame di un canto
Conosco le leggi del mondo, e te ne farò dono
Supererò le correnti gravitazionali
Lo spazio e la luce per non farti invecchiare
Ti salverò da ogni malinconia
Perché sei un essere speciale
Ed io avrò cura di te
Io sì, che avrò cura di teeee

(I)Grazie Amica mia, grazie, Vita mia.
Il resto dell’estate passò tra il lavoro e la vestizione (la chiamavo così) serale e domenicale, giorno durante il quale, vestita sempre alla stessa maniera, mi permettevo anche il lusso di sognare ad occhi aperti.
Sognavo abbracci protettivi…sognavo qualcuno che mi diceva: Stai tranquilla, ci penso io.
Sognavo di essere una bambina indifesa, ma mai sola.
Solo per mezzo della vestizione riuscivo a sognare ad occhi aperti, viceversa, senza, nessun sogno, nessuna fantasia.
E’ bellissimo sognare ad occhi aperti, ti apre la vita ad un’infinità di possibilità, ed io, oggi, un poco ci riesco (… anche se si corre il rischio di essere presi per ebeti nel momento in cui si resta imbambolati con lo sguardo fisso su qualcosa che non si sta realmente guardando).
I primi di settembre rientrarono tutti.
Le sorelline erano diventate delle negrette, che sfoggiavano un sorriso, bianchissimo, che andava da un orecchio all’altro, e con i capelli molto più chiari. Mi fecero una festa incredibile, ma io, preso dal mio ruolo, feci il distaccato.
Per ultima entrò mia madre.
Per un attimo tutto si fermò; restammo a guardarci negli occhi, non mi abbracciò, né lo feci io.
Poi si mise a piangere e quel briciolo di speranza che avevo si estinse del tutto: tutto sarebbe continuato come prima!
Ma sbagliavo…e come sbagliavo…sarebbe stato peggio…molto peggio.
Tra le lacrime, iniziò a parlare e disse sicuramente più parole, in quel momento, di tutte quelle che aveva fatto uscire dalla sua bocca nell’ultimo anno.
Mi chiese scusa di tutto quello che era successo, mi chiese scusa di avermi lasciato solo, mi chiese scusa di avermi gravato di tutto, per colpa della sua “assenza”.
Ma lei era stata male, si giustificò (lei!).
Per fortuna ora andava meglio, e non sarebbe più stata “assente”.
…tuttavia, non c’e l’avrebbe fatta da sola, non senza il mio aiuto e il mio supporto, sul quale lei sapeva di poter contare, soprattutto per il bene delle mie sorelle, che solo a me potevano fare riferimento!
E’ così, dopo aver perso il mio essere bambino, persi pure la possibilità di diventare un ragazzo/adolescente, diventando, per gli anni successivi, il marito putativo di mia madre e un sostituto padre, responsabile, delle mie sorelle.
(…tu devi prima pensare alle tue sorelle…le devi sistemare…solo dopo potrai pensare a farti una tua famiglia. Questo dicevano i parenti, e mia madre, …e così fu! Infatti, io fui l’ultimo a sposarsi, solo dopo aver accompagnato all’altare tutte le mie sorelle)
Quel briciolo di speranza fu cancellato per sempre.
(Mi rendo conto di avere, istintivamente, dei risentimenti, un po’ con tutti ed in particolare nei confronti di mia madre, ma cerco di controllarli e contenerli. Tutti vittime siamo stati. E che ci crediate o meno, voglio bene a mia madre, oggi uno scricciolo di novant’anni).
Quando mia madre finì di parlare e di piangere, restai in silenzio; quindi, dissi loro che dovevo andare a fare una commissione ed uscii di casa.
Nella mia città, Palermo, c’è un parco immenso (contiene una montagna intera!), che arriva fino al mare.
Iniziai a correre…e d’allora non ho più smesso di farlo (non alla Forrest Gump, anche se mi sarebbe piaciuto), fino a cinque anni fa, quando i medici mi hanno imposto lo stop.
La corsa è stata l’altra essenza femminile che mi ha accompagnato ed aiutato per tantissimi anni.
Era come scappare dalla vita, bella e brutta che fosse, che, indistinta e sfocata, ti scorreva di lato, ai margini degli occhi, ma che non ti poteva toccare/bloccare/costringere.
Mentre correvo (per ore) scordavo tutto, non pensavo, guardavo solo avanti e, alla fine, mi fermavo e tornavo indietro solo per senso del dovere (e questa esagerazione mi ha comportato i problemi che hanno portato allo stop dei medici).
Ho visto quel film almeno 6 volte; forse, molti, hanno considerato una mezza pazzia, di un personaggio già non normale, quell’esagerazione senza sosta.
Io no…io l’ho invidiato.

(G)Ahhh, non parliamo della corsa!
Non ci crederete, ha cercato di coinvolgere, anche, me, alcuni anni dopo.
Io sono in forma perfetta e non ho mai avuto bisogno di allenarmi né di controllare il mio peso!
(ma poi bastava che corresse lui per entrambi: ditemi perché avrei dovuto farlo anch’io?)
L’unica cosa buona era il completino con cui uscivo, leggings attillati coloratissimi, tucking, casalingo ma perfetto, top altrettanto colorato ma contenitivo per le protesi (uahuu come ballavano), delle scarpe, strepitosamente stupende, con il famoso logo rosa, fascia per tenere più fermi i capelli (leggasi parrucca) e occhiali semplicemente divini!
Il tutto è durato per circa un mese, fino a quando “sgrillò” fuori dal top una protesi, in un sentiero in mezzo ad altri podisti (lui andava in mezzo ai boschi isolato, io no!). Non vi dico la faccia che hanno fatto mentre la rincorrevo e quando lo rimessa a posto!!!! (Non credo abbiano pensato che fossi una trav)
Quella è stata l’ultima volta. Mai più!

COME SI E’ EVOLUTA GIULIA
(I)Nei mesi successivi la situazione economica migliorò.
Arrivò, dopo un anno e mezzo dalla morte si mio Padre, la pensione di reversibilità, e mia madre fu assunta nello stesso ufficio, dove aveva lavorato mio Padre (in base ad una norma, di allora, consistente nel diritto, per un familiare, ad una assunzione sostitutiva. Certo, con mansioni totalmente diverse e solo dopo che mia madre ebbe fatto e superato uno specifico corso.)
Tutte le mie sorelle finirono in vari collegi religiosi sovvenzionati dall’ufficio dove lavorava mia madre, per scelta di mia madre, sostenuta dal padre di lei, ma non condivisa da me.
Questo non fu facile per le mie sorelle che, ancora oggi, colpevolizzano mia madre.
Per me non cambiò molto, studiavo, lavoravo (anche due lavori contemporaneamente) e continuavo ad occuparmi della casa, degli adempimenti burocratici, della gestione economica e continuavo ad occuparmi delle mie sorelle, anche se in maniera meno continuativa.
Le prendevo il sabato pomeriggio e le riaccompagnavo la domenica sera. Il riferimento scolastico rimasi io come quello sanitario.
Mi ripromisi che le avrei riportate tutte a casa e in 3 anni ci riuscii, una alla volta; infatti, grazie ai miei lavori, sempre più specifici e remunerati, alla pensione di reversibilità e allo stipendio di mia madre, non avevamo più bisogno di aiuto esterno e obbligai mia madre a farle rientrare.
Indovinate chi ha insegnato a cucinare e a sbrigare le faccende di casa alle mie sorelle, a mano a mano che rientravano?
Indovinate chi iniziò a passare una, piccola, paghetta settimanale alle mie sorelle? (Rigorosamente a fronte dell’impegno a svolgere particolari mansioni familiari, in quanto, ho sempre pensato, che bisognasse capire appieno il valore del lavoro e del danaro).
Indovinate chi fu svegliato di notte, dalla maggiore, quando, spaventata, mi disse che perdeva sangue? (non avevo ancora 15 anni).
Indovinate a chi hanno chiesto consiglio quando hanno iniziato ad interessarsi ai ragazzi? (Cosa mi metto? E se mi vuole baciare? Come si fa? E se lo voglio baciare io?).
Indovinate chi cercavano, affrante, per farsi confortare, quando litigavano con il ragazzo di turno o quando si lasciavano?
Indovinate chi, quando più grandi, le riforniva di profilattici di “sicurezza” (famosa marca “777”. Per Cristina V: stai tranquilla, la marca non esiste più da tanti anni).

(G)Ehiii!
Fuori tema sei!
Devi farti conoscere, ma solo a proposito della nostra situazione: questo non è il posto ove parlare della tua vita!

(I)Questa volta non sono d’accordo con te Giulia!
Questi fatti, solo apparentemente, non c’entrano niente con TE. Sono propedeutici a quello che è successo dopo, sono necessari per capire cosa è successo a me!
Non è normale per un ragazzo affrontare tutto questo, e in questo modo.
Soprattutto servono a spiegare come io abbia percepito le Donne e le conseguenze sul mio modo di pormi, anche, nei confronti delle Donne che non facevano parte della mia famiglia.
Questi fatti spiegano perché io non sia mai stato come gli altri uomini, spiegano perché io non sono mai riuscito a guardare una Donna con bramosia, spiegano perché io, pur provando attrazione sessuale per l’altro sesso, non sia mai stato capace, guardando una Donna, di immaginare di avere rapporti sessuali con Lei. Spiegano perché nel guardare una Donna, io non mi fisso sui suoi attributi sessuali, ma guardo il volto, i lineamenti, gli occhi, i capelli, i vestiti, le scarpe, il trucco, anche il corpo; insomma, guardo l’insieme e traggo piacere se quell’insieme mi da una sensazione di bellezza, non se ha la scollatura profonda o il fondo schiena ancheggiante. Quando ho ricominciato ad uscire con nuovi amici, mi sono sempre sentito in difficoltà quando facevano apprezzamenti pesanti sulle Donne di passaggio: “Picciotti, io questa qui me la fott… davanti e dietro!”, “Minc… che minne!”. E, se qualche volta, l’ho fatto pure io, con loro, l’ho fatto, pur non venendomi spontaneo, solo per non sentirmi “diverso”.
Sapevo troppo di Loro, sapevo troppo per non rispettarLe e per non cercare di proteggere la Loro intimità.
Tutto questo, fa comprendere, perché io sia riuscito, come uomo, ad avere rapporti sessuali solo con le Donne che ho amato (o creduto di amare) nella mia vita.
Questi avvenimenti spiegano, anche, perché Tu, in quegli anni, hai avuto molto spazio e tempo per continuare a crescere.
Il mio ossessivo perfezionismo, mi ha portato a renderti sempre più completa.
Iniziai a non vestirmi sempre con le stesse cose, ma mi piaceva cambiare.
Iniziai a provare rossetti e trucchi, anche se i risultati iniziali erano da clown da circo.
Iniziai a provare i profumi femminili.
Inizia a desiderare di più di quello che trovavo nell’armadio di mia madre o delle mie sorelle (cosa, questa, che mi dava anche un grande senso di colpa, di sbagliato, di offensivo, nei Loro confronti).
Mi venne in aiuto quello che, allora, era l’unico catalogo, in Italia, su cui poter ordinare per posta e che non posso nominare, perché rinato, come la fenice, dalle ceneri, negli ultimi anni.
Ordinavo a nome di mia madre e non vi dico gli errori di taglia.
Tuttavia il problema di dove nascondere il tutto era molto complicato, soprattutto a mano a mano che le mie sorelle rientravano a casa.
Ha 14 anni, il mio primo atto di autoerotismo, lo ebbi nei panni di Giulia.
E ciò a legato, indissolubilmente, Giulia all’eccitazione.
Ma non l’eccitazione, esclusivamente, a Giulia; infatti, io, come uomo, ho sviluppato una sessualità etero completa e totale.
Le Donne mi piacciono, con l’unica limitazione, se di limitazione si può parlare, che per eccitarmi ed avere rapporti sessuali con Loro, devo esserne innamorato, o meglio, devo convincermi di esserne innamorato (viceversa…NIET…ZERO…CAPUT).
Da quel giorno, la presenza di Giulia, ha sempre comportato, anche, un’iper eccitazione abnorme, e ai sogni di protezione si sono aggiunte tutte le fantasie sessuali immaginabili (e non) correlate a rapporti con uomini.

(G)AHHH, qua ti volevo!
In più di quarant’anni, solo fantasie sono rimaste!
I toys, anche se bellissimi…non bastano più!!
Io, ho bisogno di provare nuove e più complete esperienze!
Non sei tu, che dici sempre, che nella vita bisogna provare tutto per capire se ne valeva la pena?
Che non provare qualcosa, qualsiasi esperienza essa sia, sia essa bella o brutta, è come se una parte della tua vita non fosse stata vissuta?

(I)Si hai ragione, e per questo motivo, d’ora in poi, Tu avrai molti più spazi, come ti ho promesso, e potrai decidere con tantissima autonomia, cosa fare della Tua vita futura, e come relazionarti con le altre persone; io, è giunto il momento, che mi metta un poco di lato, per darti la possibilità di avere una Tua vita (dal famoso detto meglio tardi che mai!!!).
Con il diploma, pur continuando a svolgere sempre diversi lavori, decisi di svolgere una professione autonoma; quindi affittai dei locali.
Questo risolse il problema di dove mettere le cose di Giulia che, nel frattempo, erano aumentate, oltre che con gli ordini sul catalogo, anche, grazie ad acquisti fatti nei negozi …con la scusa di comprare dei regali (…azz… la cosa di difficile soluzione erano le scarpe, praticamente introvabili con la misura 42, almeno fino all’avvento del “santo” internet: sant’Anna, anche, per la scoperta delle protesi).

(G)Fantastico fare acquisti!
Prendo quello, e quello e quello…anche quello!
A volte sbagliavo, ma con il tempo diventai molto più brava (…e raffinata).
Quando facevo l’ordine sul catalogo non sapevo fermarmi e, alla fine, i righi del buono d’ordine non bastavano mai.
Allora interveniva Lui e con la sua penna maledetta: “Taglio questo e questo e questo”.
Quanto avrei voluto avere la possibilità di discutere e litigare…
Invece, quando vedevo, nella vetrina di un negozio, o alla Standa o all’Up… (quest’ultimo, anche se in modo ridotto, esiste ancora), qualcosa che mi piaceva, non smettevo di pensarci e ripensarci, continuando ad immaginarmelo indosso, fino a quando, Lui, non si decideva a ritornarci e a comprarmelo, superando tutte le sue paturnie.
Non vi dico la frenesia di provare il tutto appena arrivava il pacco o subito dopo l’acquisto in negozio!

(I)Infatti, cara Giulia, i tuoi acquisti, molto spesso, divennero, ma lo sono ancora oggi, compulsivi.(AHH IL WEB! Fonte inesauribile di appagamento di tutti i possibili desideri…e di spese folli!)(Anche i negozi dei cinesi…ma con spese, sicuramente, meno folli). Volevi e vuoi sempre di più! Compreresti di tutto, senza fermarti mai!
Dedicai un’intera stanza a Giulia, comprai un armadio a specchio e un divano letto.

(G)Quel momento, per me, è stata una seconda rinascita!
Finalmente avevo degli spazi completamenti miei e completamente sicuri, senza il rischio che qualcuno potesse arrivare da un momento all’altro.
Provavo e riprovavo i vestiti, le gonne, i trucchi, l’intimo, le calze; mi cambiavo e ricambiavo più e più volte guardandomi in continuazione allo specchio, cercando di migliore sempre di più il risultato (ore e ore), mirandomi e rimirandomi, in uno stato di perenne euforia, piacere ed eccitazione.
Ora provo questo…ora provo quello…mi cambio…metto la maglietta…no…meglio la camicetta…provo la gonna…no i jeans…
Non mi sarei fermata mai.

(I)A 19 anni, accompagnai la mia sorella più grande all’altare, a 29 anni, l’ultima. Rimasi, comunque, il loro riferimento per qualsiasi problema.
A 22 anni mi fidanzai per la prima volta (si lo so cosa pensate…ebbene si, …vergine fino a 22 anni) e…Giulia…si eclissò, insieme a tutte le sue cose, che finirono distribuite nei cassonetti dell’immondizia sparsi per la città.

(G)AHHH!!
Volevo ucciderlo!
Quei completini...quell’intimo...quei trucchi…quelle calze, le uniche due paia di scarpe con tacco e l’unica parrucca, comprata con tanta faccia tosta per un’amica, immaginaria, malata.
Tutto sparito, da un giorno all’altro.
Come sparii pure io, per tre anni…

(I)Ti chiedo scusa Giulia, ma per la prima volta provavo qualcosa per una Donna che non faceva parte della mia famiglia, e pur non essendomi, mai, sentito sbagliato per quello che ero, pur non provando nessuna vergogna per la Tua presenza, mi sembrava sbagliato nei confronti di Lei, soprattutto perché, non sapendo mentire, non me la sentivo di condividere con Lei questo mio segreto quindi, decisi di eclissarti: sicuramente, con il senno di poi, sbagliando.
Non ho usato a caso “provavo qualcosa”: oggi so bene che non amavo quella donna (e neanche la mia prima moglie), nel senso che tutti danno a questa parola, a questo sentimento. Le volevo bene, questo si, ma non era amore.
Finì dopo tre anni, sicuramente per colpa mia, per colpa della mia mancanza di un pieno coinvolgimento sentimentale, sicuramente per colpa dell’impegno che la mia famiglia richiedeva e che, solo oggi capisco, non potevo caricare ad altri, coinvolgendoli.
E, Giulia, rinacque.
A 29 anni conobbi quella che sarebbe diventa la Madre di mio figlio, che mi ispirava una grande tenerezza, e a 30 anni, dopo aver sposato l’ultima delle mie sorelle, la sposai.
…e Giulia sparì di nuovo….

(G)Meglio che sto zitta!!

L’INFERNO E PERCHÉ GIULIA SI ECLISSÒ PER MOLTI ANNI
(I)Furono quattro anni sereni e il mio coinvolgimento nelle questioni familiari si era molto ridotto, assumendo i tratti di un normale rapporto famigliare, che non rubava spazi alla mia nuova famiglia.
Fino alla nascita di mio Figlio.
Attesissimo e desideratissimo, ma la sua nascita fu una tragedia che sconvolse la vita di entrambi.
Quando iniziarono le doglie, ci recammo in clinica, dopo aver avvertito il ginecologo.
Mia Moglie entrò in sala parto ed io resti fuori in attesa.
Un ora…due ore…tre ore…le grida di mia Moglie si sentivano al di là del muro.
Quattro ore…cinque ore…sei ore…
E calò il silenzio…
Il bambino alla nascita non pianse ne gridò…e non respirava.
Mentre il ginecologo ed altri, si occupavano di mia Moglie, l’infermiera mi fece entrare per aiutarla.
Preparammo due recipienti, uno con acqua calda ed uno con acqua fredda, su una balata di marmo freddo, e iniziammo ad immergervi il bambino, completamente nero e rugoso, alternativamente, acqua calda e acqua fredda.
Alla fine il bambino iniziò a respirare, anche se in modo molto fievole e l’infermiera iniziò delle manipolazioni quindi lo mise in una incubatrice, non riscaldata, con una coperta di sopra.
A quel punto il ginecologo mi disse che l’utero di mia Moglie si era lacerato durante il parto e mi chiese l’autorizzazione ad operarla immediatamente, altrimenti, a causa dell’emorragia, sarebbe morta in poco tempo: non ci sarebbe stato il tempo di portarla in ospedale.
Lui aveva già chiamato l’anestesista e un collega per supporto, che sarebbero arrivati in pochissimi minuti: una volante della polizia avrebbe portato le sacche di sangue necessarie da un altro ospedale.
Completamente stralunato, diedi il consenso e chiesi di mio Figlio: stava arrivando un’ambulanza per portarlo all’Ospedale dei Bambini.
Subito dopo uscirono dalla stanza con mia Moglie in una barella, per portarla nell’unica sala operatoria della clinica, e il bambino nell’incubatrice, per portarlo all’ambulanza, che era già arrivata.
Nel corridoio mia Moglie fu portata a sinistra…
e mio Figlio a destra…
e io non sapevo dove andare…
con chi andare…
Penso siano passati pochi secondi,
ma a me sembrò un tempo infinito.
Guardavo a destra e a sinistra, mentre si allontanavano…
non sapevo con chi andare…
Alla fine decisi…e seguii la barella di mia moglie.
Questa scelta mi ha pesato negli anni successivi, suscitandomi un enorme senso di colpa nei confronti di mio Figlio, che ho cercato di quietare con una presenza costante e continuativa nella sua vita.
Entrarono tutti in sala operatoria, chiusero la porta ed io restai là davanti intontito, anche se per poco tempo.
Infatti, poco dopo, la porta si aprì e il ginecologo mi disse che avevano bisogno di me: la sala operatoria era congelata e per riscaldarla ci voleva tempo e i sensori attaccati sulla pelle di mia moglie davano risultati sballati sui monitor e, oltre all’infermiera strumentista, non avevano trovato un’infermiera aiuto anestesista.
Mi fecero lavare e vestire.
Il mio compito era quello di posizionare delle borse si acqua calda nei polsi e nelle caviglie di mia Moglie e di cambiarle, riempiendole con nuova acqua calda, a mano a mano che si raffreddavano: così i dati sui monitor diventarono normali.
E vidi tutto…tutta l’operazione.
Lavoravano velocemente e in silenzio, pochissime parole.
Cauterizzarono le vene per bloccare l’emorragia, quindi, asportarono utero ed ovaie (con mia Moglie, scherzavamo sempre sul fatto che volessimo una squadra di calcio).
Ancora ad oggi, la notte, mi sogno quella massa chiara, anemica, nella bacinella di metallo a forma di fagiolo, ed ancora oggi, devo girare la faccia da un altro lato, per non vedere scene o immagini di parti.
L’operazione finì, non ricordo quanto tempo durò, e mia Moglie fu portata in una specie di stanza di terapia intensiva: nuda con solo un lenzuolo, piena di tubi e cavi che le uscivano dal corpo, collegata a diversi monitor.
Non si svegliò ed entro in coma, anche se respirava autonomamente, per quindici giorni.
Parlai con i medici che mi spiegarono tutto quello che era successo e che adesso bisognava aspettare.
Stralunato, andai all’Ospedale dei Bambini.
Anche lì i medici mi spiegarono qual’era la situazione: il bambino era nato ipossico e alcuni organo avevano subito danni.
Gli ematomi da ipossia avevano colpito la parte parietale del cervello, i polmoni, il fegato e gli arti sia inferiori che superiori.
Fu messo in coma farmacologico.
Rimase tre mesi in ospedale e le notizie giornaliere erano terribilmente altalenanti: un giorno davano speranze, il giorno dopo erano sentenze inappellabili.
Ogni giorno andavo due volte da lui e due volte da mia moglie.
Mia Moglie si svegliò dopo 15 giorni e l’unica cosa che ricordava era di aver “visto le stelle”(non metaforiche).
Con i medici Le spiegammo tutto quello che era successo e che aveva subito un’isterectomia totale: pianse per ore e rifiutò la mia presenza accanto a Lei.
Dopo un mese rientrò a casa, sempre intubata, debolissima e con altri problemi post operatori che comportarono la necessita, nei due anni successivi, di altri due, ulteriori, interventi per risolvere i problemi causati dalla prima operazione fatta con urgenza e in malo modo.
Non poté mai recarsi in ospedale per vedere il bambino.
Dopo due mesi mi permisero, finalmente, tutto bardato, di entrare e prendere mio Figlio in braccio.
Fu bellissimo e, contemporaneamente terribile.
Terribile perché, all’inizio, cercavo, disperatamente, segni di “normalità”, non rendendomi conto che stavo rovinando quel primo momento di agognato contatto.
Bellissimo perché mi persi guardandolo in volto, quando Lui mi guardò con uno sguardo interrogativo, quando le sue dita si chiusero sul mio pollice.
Fu un tumulto di sensazioni mai provate prima.
Questa canzone, che descrive perfettamente i primi anni del nostro rapporto e che dedico a mio Figlio, rappresenta, in pieno, il mio Amore per Lui: Vi invito ad ascoltarla!

tum tum, .…tum tum, ….tum tum, ….
Io ti proteggerò oh sì ti stringerò e mai niente ti farà del male.
Io ti accarezzerò e poi ti cullerò per farti addormentare.
E ti canterò canzoni di forti emozioni quando fuori tuona il temporale.
E sempre ti sussurrerò quelle dolci parole che so, ti fanno stare bene.
Sarà un amore diverso grande come l'universo che il tempo non potrà toccare.
Farò una casa di carta su un'isola deserta dove il vento verrà a giocare.
E una finestra sempre aperta per chi sa volare che da noi possa arrivare a riposare.
E ho braccia forti e larghe spalle per poterti meglio abbracciare.
E se fa freddo la notte col mio corpo ti potrai scaldare.
E dopo ore e ore e ore d'amore sul mio petto ti farò dormire.
E sognerai di ballare a tempo col mio cuore e il sole ti verrà a svegliare.
Sarà un amore diverso grande come l'universo che il tempo non potrà toccare.
Piccole cose da riscaldare, grandi aquiloni da far volare.
E sarà sempre un nuovo gioco per tenere acceso il fuoco nel lungo tempo da venire.
Piccole pietre da trasportare e da seguire per ritornare.
Io ti proteggerò oh sì ti stringerò e mai niente ti farà del male.
Io ti accarezzerò e poi ti cullerò per farti addormentare.
E dopo ore e ore e ore d'amore, sul mio petto ti farò dormire.
E sognerai di ballare a tempo col mio cuore e il sole ti verrà a svegliare.
Sarà un amore diverso grande come l'universo che il tempo non potrà toccare.
Piccole cose da riscaldare, grandi aquiloni da far volare.
E sarà sempre un nuovo gioco per tenere acceso il fuoco nel lungo tempo da venire,
Piccole pietre da trasportare e da seguire per ritornare...

Dopo tre mesi dal ricovero mi permisero di portare anche mio Figlio a casa, con molte più speranze di quante ne avessero dato fino ad allora: il danno al cervello (quello che mi preoccupava di più) era il più irrilevante, in quanto, essendo tabula rasa, il cervello si sarebbe sviluppato assegnando le funzioni svolte dalla parte parietale ad altre parti, normalmente non utilizzate, dello stesso (lo stesso danno, ad una persona adulta, avrebbe comportato danni irreversibili molto gravi); l’importante era stimolarlo in continuazione.
Gli ematomi ai polmoni e al fegato si erano ridotti fino a sparire, senza lasciare danni (in ogni caso il fegato ha una grande capacità di rigenerarsi).
Più preoccupanti erano i danni che l’ipossia aveva causato agli arti inferiori e superiori per i quali sarebbe stata necessaria una terapia riabilitativa, da fare anche a casa, per diversi anni.
Tutti i giorni, per quattro anni, due volte al giorno, facevo delle manipolazioni e facevo fare a mio Figlio degli esercizi, come mi avevano insegnato.
In ogni caso ogni mese lo dovevo portare in ospedale, per qualche giorno, per tutta una serie di esami e controlli; controlli che con il tempo si diradarono fino ad una volta ogni 6 mesi.
Alla fine, dopo 4 anni, sciolsero tutte le riserve e mio figlio ha potuto avere una vita normale.
Non lo stesso per mia Moglie, che non si riprese più, soprattutto mentalmente, anche per la menopausa anticipata.
Di fatto non riuscì a sviluppare un rapporto con il bambino a causa dei suoi problemi fisici, e questo comportò che mio Figlio, cresciuto in tutto e per tutto solo da me (per 4 anni non ho praticamente dormito per accudirli entrambi), la rifiutava. Di questo, alla fine, mia Moglie, nelle sue paturnie mentali, me ne fece una colpa.
Furono anche anni di cause a non finire, che si conclusero con la condanna del ginecologo e della clinica.
In quei 4 anni, io mi annullai, totalmente, per poterli seguire ed aiutare entrambi ma, alla fine, rinunziai a cercare di aiutare mia moglie (poche parole, insufficienti, a descrivere e a far comprendere tutto quello che è successo).
Fatto sta, che a quel punto, Giulia, rinacque nuovamente, sicuramente per sopperire al desiderio di qualcuno che si occupasse/preoccupasse di me.
Fino a quando, mia moglie non scoprì le cose di Giulia.
Le dissi la verità e le raccontai tutto…ma non mi credette: si convinse che avevo un’amante.
E, pochi mesi dopo, nel 2001, ci separammo (anche se non solo per questo motivo).
Iniziarono sei anni di cause legali pesanti, ove quei vestiti furono usati, inizialmente, per dimostrare il mio tradimento e, quando questo tentativo andò a vuoto, gli stessi vestiti e la mia confessione, furono usati per cercare di farmi dichiarare inadatto come genitore, nel tentativo di togliermi la patria podestà e qualsiasi contatto con mio Figlio.

“Il peccato più grande è fare del male a chi ti vuole bene. (Merini)”

Quindi, Giulia sparì per tutta la durata delle cause relative alla separazione, fino all’anno 2006 (il divorzio invece arrivò nel 2016 dopo altri 10 anni di cause per solo gretti motivi economici).

(G)Questa volta non mi lamento né ti condanno: so bene e capisco perfettamente l’inferno di quegli anni.
So bene quanto sia importante per te tuo Figlio e tutto quello che hai fatto, annullando anche te stesso, per il suo bene.
E io non avrei potuto essere da meno.
Tua moglie non capì che nel rapporto tra genitore (padre nel tuo caso) e figlio, dove finisce uno, inizia l’altro, senza, alcuna, soluzione di continuità.
Sapete come l’ha definito il giudice che ha respinto la causa con la quale gli volevano togliere la patria potestà?
Mammo!!

LA FELICITA’ E LA RINASCITA DI GIULIA
(I)Fino al 2006, l’anno della separazione legale, dal 2001, vuoi per le cause legali, vuoi per la totalità del mio tempo, esclusivamente, dedicato a mio figlio, vuoi per il mio esasperato concetto di “Famiglia” (mi consideravo sempre “sposato”), vuoi per una spiccata misoginia, non cercai alcun rapporto con altre Donne.
Dopo la separazione legale, incontrai una Donna, che avevo già conosciuto, allora superficialmente, 25 anni prima, e, per la prima volta nella mia vita, mi innamorai veramente.
Ho sempre detto che c’ero stato 45 anni, ma alla fine, l’avevo trovata!
Ma non avrei commesso gli stessi errori del passato: stavolta, decisi, mi sarei aperto completamente e totalmente e avrei portato Giulia allo scoperto fin dall’inizio, a costo di pagare qualsiasi prezzo, ma fin dall’inizio.
E Lei accettò tutto, sia me, che Giulia, dimostrando un’apertura mentale che non avevo mai incontrato in tutta la mia vita, con una grande complicità, curiosità e una grandissima voglia di sperimentare.
E se già la amavo prima, dopo, mi persi totalmente il Lei.

(G)Anch’io mi sono innamorata di questa magnifica Donna, che è diventata la mia Amica, Complice, Istruttrice, Sorella e Amante.
Mi ha insegnato e mi ha aiutato in un mondo di cose: a truccarmi meglio, a vestirmi meglio, a posare per le foto, a farmi le unghie, a comprami tutto quello che serviva, a pettinarmi, a comportarmi sempre più come una Donna.
È diventata la mia confidente.
Abbiamo giocato insieme realizzando tutte le mie fantasie, anche le più sfrenate (…e anche le Sue).
Mi ha accompagnato nelle nostre uscite, non solo tranquillizzandomi e dandomi fiducia ma, anche, proteggendomi (anche contro me stessa ed alcuni miei, inconsulti, comportamenti).
Mi ha reso libera!
Sono stati gli anni più belli della mia vita.

(I)Sì, è vero, sono stati gli anni più belli della nostra vita.
E anch’io devo tanto a questa Donna.
Per la prima volta sono stato veramente me stesso, sono stato veramente supportato, ascoltato e aiutato (e per la prima volta ho permesso tutto ciò); per la prima volta mi sono sentito amato senza riserve o condizioni.
E per la prima volta sono stato, a mia volta, di supporto e d’aiuto, ma non dal pulpito dove, all’età di 12 anni, mi ero abbarbicato, ma da persona alla pari, quale Lei era.
E per la prima volta ho amato senza riserve.
Se Giulia è stata capace di farmi provare/sentire emozioni, sensazioni e sentimenti, quando presente, Lei è stata capace di farli diventare, anche, miei, riuscendo a farmi sbloccare e a farmeli esternare senza alcun timore/riserva/vergogna.

“Tu mi hai fatto "vedere" cose che non ero mai stato capace di vedere,
mi hai fatto provare sensazioni che non credevo esistessero,
Tu mi hai fatto sentire una persona migliore...mi hai fatto diventare una persona migliore.
è per questo, Ti amo. (Me, il giorno del nostro matrimonio)”

L’EPILOGO…ALMENO AL MOMENTO
Sono stati 15 anni di felicità totale (che spiegano, anche, come Giulia non abbia avuto l’esigenza, di confrontarsi/rapportarsi/conoscere persone simili a Lei, anche, solo, tramite il web).
…Ma…adesso…è finita.
Forse, le cose belle, non possono durare all’infinito, forse, semplicemente, sono destinate a finire, per stanchezza, per monotonia, per la fine di quel quid che le ha fatte nascere, ma anche per incomprensioni che non siamo stati capaci di risolvere.
Sicuramente anche la situazione, negativa, in cui la pandemia ci ha trascinato ha avuto il suo peso, soprattutto per Lei.
Certo, ci sono stati momenti di forte tensione ma, in linea di massima, è stata una separazione consensuale e civile.
In ogni caso, continuo, e continuerò, a supportarLa e ad aiutarLa, e Lei, fa lo stesso per me (sicuramente più io di Lei, ma questo rientra in pieno nella mia natura).
Io ho deciso, e sono riuscito, a non fissarmi su ciò che abbiamo perso e che non ci sarà più.
Non voglio che il mio futuro sia imperniato sul rimpianto di ciò che avevo nel passato, perdendo la bellezza e la felicità di quei quindici, fantastici, anni.
Voglio considerarmi fortunato di averli potuti vivere e non disperato per averli persi.
Tuttavia, adesso, e non so per quanto tempo ancora, sento il bisogno di stare solo con me stesso, anche se, devo confessare, l’idea di una vecchiaia solitaria, mi fa un poco paura (…hai voluto ballare? Hai voluto provare i sentimenti, le emozioni e le sensazioni? Adesso comprenderai che non sono solo rose e fiori…)

(G)AHHH, NO NO!!
Non ci siamo proprio!
Io non ho nessuna intenzione di seguirti in questo percorso, auto lesionista, di ricerca di una solitudine, pseudo appagante, ed, illusoriamente, tranquillizzante!
Io voglio VIVERE!! E tu me lo hai promesso!
(I)Tranquilla, Giulia, manterrò la promessa, che ti ho fatto, di renderTi autonoma e libera di fare le Tue scelte e di provare tutte le esperienze che desideri.
E poi, come si dice, il tempo cura tutte le ferite (…la speranza, un altro sentimento/sensazione…)
(G)E io so, conoscendo come sei fatto, che manterrai la tua promessa.
Ti voglio dedicare un pensiero, nella speranza che tu abbia la forza e la capacità, nuovamente, di farlo diventare tuo:

“La vita ha senso solo quando abbiamo qualcuno con cui condividere le nostre emozioni.(Coelho”)

********

(I)Siamo giunti alla fine di questa, prolissa (…e dir poco…ma sessant’anni sono), “presentazione”, che, se pur partita come tale,

(G)alla fine si è rivelata come un desiderio di raccontarci che è andato ben oltre le nostre, iniziali, intenzioni; ma, il tutto, è venuto fuori, spontaneamente.

(I)Vi siamo grati della pazienza che avete avuto,

(G)ammesso che abbiate avuto la forza di arrivare fino alla fine, sopportandoci e accollandoVi, anche, i nostri battibecchi.

(I)Per ringraziarVi vogliamo dedicarVi un’ultima canzone che, pensiamo/speriamo, Vi piacerà,

(G)che parla delle diversità, tra le quali, la nostra, bellissima, diversità:

…..
Sono bellissima,
non importa quello che dicono.
Le parole non possono abbattermi.
Sono bellissima,
da ogni punto di vista.
Sì, le parole non possono abbattermi, oh no.
Per cui non fatemi abbattere oggi.

Tu sei bellissima,
non importa quello che dicono.
Le parole non possono abbatterti, oh no.
Tu sei bellissima,
da ogni punto di vista.
Sì, le parole non possono abbatterti, oh no.
Per cui non farti abbattere oggi.

Siamo bellissimi,
non importa quello che dicono.
Sì, le parole non possono abbatterci, oh no.
Siamo bellissimi,
non importa quello che dicono.
Sì, le parole non possono abbatterci, oh no.

Io, (e) Giulia.

(G)Psss…senti… ma non pensi che ci siamo scoperti troppo? Adesso cosa succederà?

(I)Non ti preoccupare Giulia, qualsiasi cosa succederà, sarà sempre meglio di una vita non vissuta pienamente, a causa della Paura.

marina65

Re: Io, (e) Giulia

Messaggio da marina65 »

Bellissima presentazione , un po' lunghetta ma tra le piu' coinvolgenti lette in tanti anni di frequentazione di questo Forum.

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Re: Io, (e) Giulia

Messaggio da CristinaV »

Ciao Giulia, presentazione bellissima anche se leggerla tutta è un'impresa notevole.
Se il buon giorno si vede dal mattino, credo ci regalerai altre cose di un certo spessore.
Benvenuta tra noi.
La mia esistenza, si rifà a quei buoni vecchi jeans: Chi mi ama mi segua.

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Re: Io, (e) Giulia

Messaggio da Melissa_chan »

Ok, innanzi tutto, io sono Melissa, moderatrice del forum, ma anche lo scarlatto fiore dell'amore e della guerra che sboccia al crepuscolo.
Inizio con questa premessa non per far spaventare voi o qualcuno ma perchè sto piangendo come una bimba nonostante il mio tracotante titolo, datomi dalla mia famiglia di gamer e cosplayer; la tua presentazione e la tua vita è stata magnifica e non mi capitava di sentire dei brividi così da quando mi consegnarono la relazione psicologica T_T
Sono quindi onorata di conoscerti e spero davvero di leggerti presto...

(Mette la maschera burlona)
Cioè, no, entrambi, sono felice di conoscere entrambi : Love :
(Piange sotto la maschera)

Benvenuta nel forum e grazie per aver spezzato una lancia in nostra difesa
: Love :
Non hai i permessi necessari per visualizzare i file allegati in questo messaggio.
Non giudicarmi dal corpo che vedi, piuttosto considera cosa abbiamo fatto insieme, come lo abbiamo fatto e cosa ti ha trasmesso; a quel punto ti accorgerai che nulla è cambiato

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Re: Io, (e) Giulia

Messaggio da Io, (e) Giulia »

marina65 ha scritto: venerdì 18 febbraio 2022, 20:58 Bellissima presentazione , un po' lunghetta ma tra le piu' coinvolgenti lette in tanti anni di frequentazione di questo Forum.
Ciao!
Grazie del complimento "bellissima", ma tengo a precisare che l'avevo detto, a quel "compulsivo", di trattenersi........

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Re: Io, (e) Giulia

Messaggio da Io, (e) Giulia »

CristinaV ha scritto: venerdì 18 febbraio 2022, 21:11 Ciao Giulia, presentazione bellissima anche se leggerla tutta è un'impresa notevole.
Se il buon giorno si vede dal mattino, credo ci regalerai altre cose di un certo spessore.
Benvenuta tra noi.
Ti ringrazio, tantissimo, del "benvenuto".
Devo confessarTi....che un po' temevo il Tuo giudizio (soprattutto sulla prolissità di quel logorroico.....).
(e tieni conto che ha dovuto ridurre il tutto per rispettare il tetto massimo dei 60.000 caratteri concessi).
Tuttavia, devo ribadire, che a mano a mano che scrivevamo, cresceva sempre di più la voglia, si di raccontarsi, ma anche di dare un ordine a quel caos di vita.
Sono sicura che sarete Voi a regalarmi tanto ...... tanto di cui ho sicuramente bisogno.
(quindi, "......io....speriamo che me la cavo...." ha funzionato!!)
Un abbbbbracccio.

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Re: Io, (e) Giulia

Messaggio da Anna »

Giulia ciao e innanzitutto piacere di conoscerti. Come si risponde ad una presentazione come la tua? Con quali parole? L’hai definita prolissa, ma in tutta sincerità ti avrei letto ancora per ore se ci fossero state altre parole da leggere e altre immagini da seguire.
Mentre ti leggevo mi è venuto in mente quello che secondo me è uno dei lavori più alti della letteratura italiana del novecento. La cognizione del dolore, di Carlo Emilio Gadda, è un libro durissimo, a tratti feroce. Pure l’ingegnere prestato alla letteratura trova, sul finire, parole dolcissime e ci regala la possibilità di un’alba silenziosa e piena di luce in cui ricominciare ad esistere, nonostante il dolore.
Ti do il mio benvenuto con le parole con cui Gadda chiude il suo capolavoro:

Ed alle stecche delle persiane già l’alba. Il gallo, improvvisamente, la suscitò dai monti lontani, perentorio ed ignaro, come ogni volta. La invitava ad accedere e ad elencare i gelsi, nella solitudine della campagna apparita.

Carlo Emilio Gadda, La cognizione del dolore,

Un abbraccio e benvenuta,

Anna.
E Anna verrà
Col suo modo di guardarci dentro
Di sorridere di questa libertà

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Re: Io, (e) Giulia

Messaggio da Io, (e) Giulia »

Melissa_chan ha scritto: venerdì 18 febbraio 2022, 21:35 Ok, innanzi tutto, io sono Melissa, moderatrice del forum, ma anche lo scarlatto fiore dell'amore e della guerra che sboccia al crepuscolo.
Inizio con questa premessa non per far spaventare voi o qualcuno ma perchè sto piangendo come una bimba nonostante il mio tracotante titolo, datomi dalla mia famiglia di gamer e cosplayer; la tua presentazione e la tua vita è stata magnifica e non mi capitava di sentire dei brividi così da quando mi consegnarono la relazione psicologica T_T
Sono quindi onorata di conoscerti e spero davvero di leggerti presto...

(Mette la maschera burlona)
Cioè, no, entrambi, sono felice di conoscere entrambi : Love :
(Piange sotto la maschera)

Benvenuta nel forum e grazie per aver spezzato una lancia in nostra difesa
: Love :
Ciao, Scarlatto Fiore dell'Amore (lo preferisco a quello della guerra che sboccia al tramonto, che, devo ammettere, mi fa un po' paura.....).
Se Tu hai pianto leggendo, pensa a me che, grondavo fiumi di lacrime, mentre scrivevo!
Non so se la mia vita è stata magnifica; lascio a Voi decidere e giudicare (....ma il Tuo giudizio mi piace tanto...)
E' l'unica vita che ho avuto e che avrò ed anche se, a volte, difficile, è stata la Mia VIta ed è quella che mi ha fatto diventare quello che sono (anche se qualche passaggio lo avrei saltato volentieri).
Siamo onorati, noi, di fare la Tua conoscenza.
Grazie, con il cuore, del Tuo benvenuto.
Grazie della Tua commozione.

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Re: Io, (e) Giulia

Messaggio da Eva2016 »

Una vita peggio della mia!!

Che ansia leggerti!!

Mi hai fatto ricordare molte cose e avevo lo stomaco bloccato...

Ti auguro la serenità che meriti.



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Re: Io, (e) Giulia

Messaggio da Io, (e) Giulia »

Anna ha scritto: venerdì 18 febbraio 2022, 22:14 Giulia ciao e innanzitutto piacere di conoscerti. Come si risponde ad una presentazione come la tua? Con quali parole? L’hai definita prolissa, ma in tutta sincerità ti avrei letto ancora per ore se ci fossero state altre parole da leggere e altre immagini da seguire.
Mentre ti leggevo mi è venuto in mente quello che secondo me è uno dei lavori più alti della letteratura italiana del novecento. La cognizione del dolore, di Carlo Emilio Gadda, è un libro durissimo, a tratti feroce. Pure l’ingegnere prestato alla letteratura trova, sul finire, parole dolcissime e ci regala la possibilità di un’alba silenziosa e piena di luce in cui ricominciare ad esistere, nonostante il dolore.
Ti do il mio benvenuto con le parole con cui Gadda chiude il suo capolavoro:

Ed alle stecche delle persiane già l’alba. Il gallo, improvvisamente, la suscitò dai monti lontani, perentorio ed ignaro, come ogni volta. La invitava ad accedere e ad elencare i gelsi, nella solitudine della campagna apparita.

Carlo Emilio Gadda, La cognizione del dolore,

Un abbraccio e benvenuta,

Anna.
Le Tue parole mi commuovono (....ma non lo diciamo a lui......sarebbe capace di trovare altre centomila parole ed altre migliaia di immagini.......OH Poveri noi!).
Non conosco l'autore di cui parLi e, quindi, neanche il libro (Ti assicuro che cercherò informazioni), ma comprendo appieno il concetto di resilienza che hai voluto sottolineare e che TUTTE NOI dovremmo riuscire a fare nostro (argomento, sicuramente, da approfondire, soprattutto nella sua accezione di "resilienza sociale" o di gruppo).
Avevo letto, nel mio girovagare, quale ospite, la Tua presentazione, che mi era piaciuta tantissimo e ho, anche, invidiato la Tua capacità di comunicare e di trasmettere il Tuo essere, le Tue sensazioni e le Tue emozioni, con le parole giuste senza eccesso alcuno (... ma abborrisco la sintesi, figlia dei tempi moderni, di tempi frettolosi, in cui tutto deve essere fatto velocemente, anche a discapito dei contenuti, anche in dispregio della sostanza, anche se è approssimativa).
Un forte abbraccio a Te, con tutto il mio cuore.
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