Il Cerchio Magico

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Ale
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Il Cerchio Magico

Messaggio da Ale »

Non so perché, ma vorrei condividere con voi queste pagine del diario immaginario, scritte pochi giorni fa sulla tratta Milano-Roma. Ogni somiglianza coi nomi e eventi è fortemente intenzionale…

Cerchio Magico

“Parlo con Franziska?”
“Si…chi è?”
“Franziska detta Franci…liceo Carducci per intenderci, e una stagione ormai lontana?”
“Scusi, chi è lei, chi è che parla?”
“Franci, sono tua amica con le palle…ma e vero che mi manca un po’ di coraggio proprio adesso…”
“Ale!!!...oh mein Gott! Dal quale mondo chiami? Dove sei?”
“Ecco, vedi che hai indovinato! Tu lo sai che criminali prima o poi rivisitano il luogo del delitto. Sono qui, venuta solo per accertarmi che questa città esiste davvero e che non ho inventato tutto. Sono venuta per trovarti, per radunare di nuovo il Cerchio Magico, e poi riscappo…”
“Brutta strega, ti avverto che sto per piangere…Prendi la penna e scrivi l’indirizzo e poi se non vieni subito mi avrai sulla coscienza. A proposito, da chi hai avuto il numero dopo tutti questi secoli passati?”
“Sei sulle Pagine Bianche signora. Voi donne in carriera non è difficile rintracciare…però Franci, ho idea migliore. Se esiste ancora il nostro punto d’incontro in via Diaz, e se riesci a staccare un’oretta e magari avvertire le altre del Cerchio…sarebbe bello ritrovarvi al nostro storico tavolo.”
“Dammi mezz’oretta e sto al bar che non è più lo stesso ma il posto è quello…Tu riesci ad arrivarci?”
“Certo! Ti aspetto là.”
Sono seduta nel giardino del bar, che ha cambiato aspetto e gestioni chi sa quante volte, ma nello stesso punto dove stava il “nostro” tavolo, rivolta verso la strada che gira verso lo spiazzo e la scuola che frequentavo 50 anni fa. Ecco che arriva Franziska, qualche kilo in più, capelli troppo rossi per suoi anni, ma ancora bellina e avvolta nella propria aura di buon umore. Bar è frequentato ma Franci riesce a individuarmi subito e mi abbraccia piangendo a dirotto, mormorando frasi sconnesse. Anch’io ho groppo in gola e cerco di salvare l’evento con la battutaccia:
“Ma come mi hai riconosciuta dopo tutto questo tempo?”
Dice ridendo mentre il trucco impastato con le lacrime le crea aloni intorno agli occhi:
“Sai, la vita delle volte fa i miracoli. Quando sei partita eri una racchia da un metro e ottanta e guarda cosa trovo! Sei ancora racchia ugualmente alta ma più brutta e anche vecchia, come non riconoscerti cara?”
Guardo la mia migliore amica e complice della magica stagione d’innocenza, che sbrigativa tenta di correggere il trucco e salvare salvabile, e sento lo stesso affiatamento e affetto di 50 anni fa. Chiudo gli occhi e mi convinco che il tempo è rimasto immobile e denso e che riaprendo gli occhi rivedrò tutto, il pomeriggio di sole di quel lontano ’72, le amiche al tavolo e la vita che passa pigra promettendo la nostra presenza in eterno in quell’angolo di Italia felix. Tutto di nuovo odora di solita radunata doposcuola per scambiare pettegolezzi, ridere e volersi bene come tutte le liceali in procinto di cambiare il mondo.
“Le altre verranno?” chiedo a Franci. Mi guarda un attimo in silenzio e poi dice: “Ale, 50 anni di assenza non sono pochi. Il Cerchio Magico non c’è più. Ha perso le parti. Inge se n’è andata dieci anni orsono, portata via dal brutto male, e Ludovica ha seguito il tuo esempio. Se n’é andata via qualche anno dopo di te, non lasciando i ponti dietro. Credo stia a Milano, inserita molto bene in alta società e difende con successo il blasone familiare… e Silvia, Silvia sta entrando in questo momento al bar. Siamo noi tre a rispettare il voto.” Mi giro e vedo Silvia invecchiata ma alta e signorile che si avvicina e mi stringe forte.
“Brutta strega eccoti finalmente a casa!” Dice e mi guarda con attenzione.
“Sei ancora riconoscibile però, e reggi bene addirittura…scusate il ritardo, avevo l’impegno con la nipote…ma che bello quest’incontro!” Siamo sedute, e ci osserviamo affamate di tutte le parole non ancora dette. Sono io ad aprire la diga.
“Ragazze, prima dell’accusa di infedeltà e scarsità morale, almeno un breve racconto cronologico che mi aiuterà ad orientarmi nei secoli passati. Cos’è capitato a voi due e alle altre…Cos’è successo a Inge?” Guardo Silvia e le dico: “Voi due siete state culo e camicia, cosa le è successo?” Silvia ha preso la mia mano appoggiata sul tavolo parlando piano con lunghe pause. “Sì, Inge per me era più di un’amica, era anima gemella in tutto. Un po’ come Franci e te, abbiamo diviso tutto e siamo anche andate all’università insieme, io lingue e lei la filosofia. Poi era arrivato il suo cavaliere azzurro, uno stronzo esemplare, che la messa incinta, la portata all’altare e poi l’ha lasciata per un’altra quando il loro figlio stava ancora all’asilo. Lei orgogliosa e testarda com’era, cercava di tirare dritto, senza riuscirci a trovare una buona soluzione e un lavoro decente. Alla fine, si era sistemata al comune come archivista, ma per lei era dura, continua sfida contro una sfortuna sempre in aguato. Nel frattempo, mi ero sposata anch’io e mia figlia era in arrivo. Il mio sogno nel cassetto era di insegnare un giorno al Carducci, ma poi un colpo di fortuna mi ha dato la possibilità di rimanere nell’ambito accademico. Erano gli anni non facili per nessuno e così ci siamo perse un po’ di vista. Ex marito di Inge si era creato un'altra famiglia e non aiutava se non con qualche misero contributo e senza interessarsi del proprio figlio. Marco, così si chiama il ragazzo, si era legato ad un brutto giro ed è scivolato nella droga. Inge che vedevo sempre meno era disperata ma comunque convinta di poter gestire la situazione. Poi sono arrivate le denunce per spaccio e problemi con la legge. Il figlio entrava e usciva dalle comunità di recupero, e in un controllo di rutine, a Inge fu scoperto il tumore al seno. All’inizio non si curava seriamente e fummo mio marito ed io a convincerla ad operarsi e finalmente sembrava il problema risolto. Poi il figlio fu arrestato per spaccio e Inge sprofondò nella depressione. Anche il tumore era tornato, maligno e aggressivo più di prima, e sono sicura che aveva smesso di lottare. Era una fortuna che il figlio era uscito dalla prigione e rimesso in libertà, ma la caduta di Inge era comunque inarrestabile. L’ho vista in ospedale pochi giorni prima che morisse e abbiamo parlato a lungo anche delle nostre amicizie e giorni felici dell’adolescenza passati insieme. Mi ha chiesto di te e di Ludo e le ho detto che vorrei organizzare un raduno di tutte appena lei stesse meglio. Mi disse: Silvi’, smetti di sparare le bugie improbabili. Prossimo incontro se ci sarà, vedrò in compagnia degli angeli. Se ne andò qualche giorno dopo in sonno. Il figlio era passato sotto custodia del padre e di loro, non ho più sentito nulla. Io invece ho avuto più fortuna nella vita. Sono arrivata alla pensione come docente universitario, ho avuto un buon marito e un felice matrimonio, una figlia adorabile e sono nonna ormai da parecchio tempo. Sono vedova da un paio d’anni, ma tutto sommato c’è poco che cambierei nella mia vita.” Franziska ascoltava in silenzio pronta a piangere di nuovo. Dissi: “A Franci, non farci ‘ste scenate. Ora tocca a te il palcoscenico. Vedo sulle Pagine Bianche che signora sarebbe Responsabile delle vendite nell’azienda di proprietà familiare…”
“Dai che c’è poco da raccontare sul conto mio,” rispose Franziska. “Sono rimasta la stessa razionale e noiosa Franci, l’unica di noi cinque a non intraprendere gli studi universitari, unica che si era sposata con il primo amore dai tempi di liceo e unica che resiste nello stesso matrimonio ancora. Di figli ne ho due, la figlia che mi farà presto felice nonna e il figlio che mi farà impazzire tentando di diventare pilota avendo automobili nel DNA. Debbo ammettere che le cose non sono andate male nella mia vita, nella mia famiglia ed anche nel mio conto bancario fino a oggi. Però, non sapevo nei dettagli neanche io tutta la triste storia di Inge, Dio, quante cose sono cambiate da quei giorni!”
“Immaginavo un contatto più frequente fra voi” dissi, “e la storia di Ludovica?”
“Ludo si è esclusa da sola, proprio come hai fatto tu,” disse Franziska. “Quando sei partita credevo di impazzire. Mi mancavi tanto e aspettavo telefonate, lettere, qualche segnale da parte tua…Sei stata parecchio stronza a dire il vero. Ma non voglio rovinare questa giornata così speciale e bella per me. Avevi le tue ragioni suppongo. Per quanto riguarda Ludo, sono certa che ci avrebbe giudicate come vecchie galline immature e incapaci di comprendere la vita. Ricordo che all’epoca quando in tempi agitati eravamo tutte della sinistra estrema, inclusa anch’io che in politica masticavo veramente poco, Ludo snobbava il nostro spirito rivoluzionario, giocando la carta che al livello familiare questi erano temi intoccabili. La volevo bene un mondo, ma era lei, “bocconiana” di prim’ordine a marcare le distanze prima e a tagliare i ponti andando. Direi diversamente da come hai fatto tu Ale. Tu sei andata davvero, hai cambiato il pianeta, e non è che giustifico il tuo silenzio ma almeno spero che tu non fossi partita per cancellare il passato, mentre Ludo si era allontanata con ferrea decisione di abbandonare il mare dove nuotava. Quello che ho sentito dai terzi, è che nella vita abbia cambiato un paio di mariti, che ha dei figli e che fa parte della Milano che conta. Parlo senza malizia, ma è stata Ludo a cancellare noi dal curriculum senza grossi rimpianti. Però Ale, sei stata tu a promuovere questo incontro e il copione della tua vita rimane quello meno noto. La tua storia certamente promette più avventure dei nostri racconti provinciali.”
La guardavo con immensa tenerezza, la mia Franci, cassaforte dei miei segreti giovanili, amica che meglio di chiunque conosceva le mie paure, le mie scarse certezze e che non mi giudicava mai. Pensavo: Franci, adesso spetta me a piangere un po’. Hai toccato certe corde che io non osavo neanche sfiorare. Sono una che sicuramente non può dire che abbia avuto una vita “normale”, una vita “come tante”. A pensarci bene, è qui, all’avo di questo tavolo che ho lasciato tutte le pagine linde della mia vita e che sarà questa la ragione perché non fossi tornata a ripristinare legami spezzati. Nessuna di voi due, pensavo, ricorda che fu proprio la data di oggi, ma 50 anni fa, che sono partita verso ignoto, e che la scelta di questo giorno per il nostro appuntamento, per me non sia casuale. Era decisamente il giorno peggiore della mia vita, il giorno quando sono caduti a pezzi i sogni e speranze, quando ci si accorge che la vita continua contro i nostri desideri e quando si prende la coscienza che qualcosa finisce per sempre. Era in quel giorno che ho deciso di non cercarvi più, perché ogni tentativo di mantenere contatto sarebbe stato uno strazio immenso e insopportabile. Per me, quel viaggio verso Roma era lo strappo innaturale, rottura di un equilibrio così difficilmente istaurato, e soprattutto abbandono del mio porto sicuro dove c’eravate voi, dove c’eri tu cara mia Franci, che mi accettavi così com’ero nelle notti di chiacchiere nello stesso letto tuo o mio, sotto la stessa coperta. Odiavo gli Dei vendicativi e beffardi che per diletto disegnavano nostri destini così diversi dai nostri desideri, ma ho deciso di non mostrare loro quanto debole e insicura ero.
Ma a posto di tutto che mi passava per la testa, ho detto solo: “Non cerco di giustificarmi Franci, ma non saprai mai cosa foste per me e quanto ho pagato questo mio silenzio.”
Ho notato che piangevamo tutte e due, e sono tornata a pensare di nuovo a Inge e al suo ingiusto destino, all’inique possibilità che la vita abbia offerto a ciascuna di noi. Dissi che nostre vite sembravano il contenuto delle storie terribili della mitologia greca. Era Silvia a ricordare la nostra professoressa di latino e greco, Lella “la Fedra”, che al liceo ci raccontava le trame degli autori antichi, con la forte impronta morale.
“Dii rident, nec miseret. Fraudulenti sunt feroces.” citò una di queste massime destinate ad armarci contro le avversità del mondo.
Ricordavo la professoressa Lella e un episodio particolare e indimenticabile che ha coinvolto lei e me, creando quasi un legame speciale. Alla gita scolastica a Sirmione, cercando gli alunni smariti, mi ha sorpreso nello sgabuzzino dove c’erano stivate le nostre borse e zaini, mentre aggiustavo le calze. Per lei era vero shock. Lo dissi a Silvia e Franziska.
“Noooo!” Esclamò Silvia ridendo. “Raccontaci!”
“Portavo un reggicalze con la chiusura a gancio unico che si era aperto e tutto ha cominciato a scivolare sotto i jeans. Calze, reggicalze e anche lo slip. Sono corsa allo sgabuzzino quando tutti avevano già preso la roba, e stavo dietro la porta tirando su la calza per agganciarla. Entrò la professoressa Lella e mi osservò un attimo con stupore e poi incredula mi chiese:”
“Alessandro, perché sei vestito così?”
“Vesto sempre così professoressa. Credevo lei lo sapesse.” Le risposi.
“No, non lo sapevo!” taglio corto uscendo stranita e poi aggiunse alla porta:
“Sbrigati tutti aspettano solo te.”
“Ricordo tutto!” disse Franziska. Di nuovo ridevamo da matte.
“Semplice collant ti avrebbe risparmiato il problema. All’epoca io già portavo solo quello.” Osservò Silvia.
“Vero!” dissi, “ma non mi sono mai abituata al collant, fino ad oggi. Porto ancora solo calze con reggicalze ed è un po’ tardi per cambiare. In seguito, avevo mandato mia madre a sistemare il problema con professoressa, perché non volevo che pensasse chi sa che cosa su di me. Paola tirò fuori le storie con psicologi e i consigli della medicina avanzata ed era disposta ad arrivare fino a Saragat per reclamare il mio diritto ad essere “diversa”, ma prof era carina e non commentò male l’accaduto. Alla fine del IV ginnasio, mi regalo il libro di Catullo “Carmine” con la dedica: Ad Alessandro, un allievo speciale.”
“Tu eri proprio brava in latino. Fedra aveva un debole per te.” Disse Silvia, “ma raccontaci un po’ com’è andata la tua vita.”
“Ecco anche il resto del mio copione.” dissi, “Il verdetto per il trasferimento a Roma fu pronunciato da mia madre, decisa di seguire Riccardo, suo uomo che presto diventerà mio patrigno, un bolognese bene inserito nelle finanze dell’industria cinematografica nazionale. Era legato a Roma per gli affari e per Paola era logico organizzare la vita vicino alla fonte. Ci siamo trasferiti a Vigna Clara, bel quartiere residenziale romano, un concentrato di gente agiata ma senza radici romane. Mi hanno iscritto al ginnasio De Sanctis sulla collina Fleming, ambiente che dopo qualche disagio iniziale mi accolse per quello che ero, senza però che riuscissi a creare amicizie o legami particolari. Il mio bagaglio di latino e greco era nettamente superiore al loro e il III e IV ginnasio sono volati via veloci.”
“Tu che rapporto avevi con tuo patrigno?” chiese Silvia. “Come ti considerava?”
“Mi considerava come unica figlia sua ed era un uomo con quale andavo d’accordo veramente. Ci ha dato un affetto sincero ed anche la sicurezza di una vita senza rinunce. Io, finita l’Accademia IIF, ho deciso di non rinunciare al servizio di leva per evitare di complicarmi la vita, e per fortuna sono rimasta a Civitavecchia, vicino a Roma e nell’ambito della mia qualifica professionale. Finito tutto, Riccardo mi inserì nel mondo del cinema, e mi procurò gli agganci e conoscenze per rimanere sempre a galla. Si comportava da vero padre con me, ed è vero che suo figlio, mio fratellastro, oggi pilota civile in pensione, è unico parente che voglio bene davvero, ed è unica persona della quale mi fido ciecamente. Poi, quando improvvisamente morì mia madre, Riccardo non riuscì ad elaborare l’accaduto ed ebbe un crollo fisico invecchiando nel giro di pochi giorni. Non si era mai ripreso del tutto, e dopo qualche anno è tornato a Bologna, lasciandomi l’appartamento romano. È morto nel 2005 all’età venerabile di 81 anni. Credo che unico dispiacere che gli ho dato fosse quello di non averlo mai chiamato padre o pappa. Per me è stato sempre solo Riccardo, ma l’ho voluto un sacco bene.”
“Ma scusami Ale,” chiese Franziska, “tu ti sei sempre comportata da ragazza libera anche alle medie e al liceo. Comprendo e accetto che fu anche una forma di difesa che funzionava, ma hai regolato alla fine la tua posizione anagrafica?”
“Per niente, risposi, dopo il calvario con psicologi, psichiatri, urologi, andrologi, endocrinologi e simili, avevo capito che per avvicinarmi alla somiglianza fisica del corpo femminile ci volevano bisturi, anni di sacrifici dolorosi e che il risultato ottenuto richiedeva la cura ormonale finché campo. Ho detto grazie mille e ho scelto di rimanere come sono.”
“Però nell’ambiente del lavoro tuo, del cinema, suppongo che i corteggiatori non mancassero. In fondo fra le ragazze del Carducci al livello di aspetto fisico tu occupavi la parte superiore della lista,” commentò Silvia.
“A Silvi’, sei proprio propensa alle bugie pietose. Come potevo fare colpo sul genere maschio con la mia criptodepressione toracica al posto delle tette e qualche altro “difettuccio” riscontrabile anche all’esame superficiale? Ma quanto sei bugiarda oppure non conosci i maschi. Scegli tu!”
“Però la morte di Paola, mia madre, era la scossa che non ho retto bene neanch’io, e alla fine ero arrivata alla conclusione di dover definire la propria crescita interiore. All’improvviso avevo di nuovo gli Dei contro e lunghi giorni con surplus di tempo che non riuscivo a smaltire per un senso di vuoto senza possibilità di organizzare lo spazio e ripartire. In quel periodo ho cominciato di vestire le gonne e tacchi alti, ed ho provato di convincermi che per chiudere parentesi dovrei anche avere un maschio accanto. Quando quello si è presentato in forma di giovane medico odontoiatra in ascesa professionale, di piacevole aspetto e tanta attenzione verso di me, mi sono convinta di essere un po’ innamorata finalmente. Credo che fosse attirato particolarmente dal mio essere femmina ma non essere donna, e alla fine mi sentivo pronta e matura per un legame completo. Questo comportava anche la componente sessuale, fisica, ed ho accettato l’idea. L’esperienza fu un disastro totale, quasi certamente per colpa mia. Dopo parecchio tempo usato per studiare tutti gli aspetti dell’evento, anche dal punto di vista medico, sono finita a letto con il mio principe azzurro, eccitato, e rumoroso oltremisura, che mi onorava con le oscenità verbali e tutto fini con un dolore lacerante e veramente nulla di piacevole da ricordare. Lui mi spiegò con pazienza tutti i disagi della prima volta promettendo la conquista del paradiso nelle prossime, ma non fu meglio neanche quelle poche volte che abbiamo riprovato. Il dolore non era più all’ordine del giorno ma neanche il piacere si era affacciato ai nostri rapporti. Mio prescelto mi voleva sempre con intimo addosso, dicendo che calze e reggicalze mi facevano divina, estendendo le esperienze ogni volta che facevamo l’amore. La fine della relazione fu un immenso sollievo per me. Anni dopo, l’ho incontrato felicemente sposato e con bambini a corredo. Era palesemente fasullo e mi riservava eccessiva cordialità, ma abbiamo rispettato il silenzio sui nostri segreti. Questo episodio ha riempito quasi del tutto il capitolo della mia vita sentimentale e amorosa, e a parte il solido pentimento per aver tentato anche quella via, non ha influenzato mia esistenza più di tanto. Avevo decisamente serio problema a legare con il proprio genere anagrafico, oltre spesso cordiali rapporti professionali. Il resto rimaneva coperto con la sana indifferenza. La mia professione di fotografa impiegata nei set cinematografici mi ha fatto conoscere questa parte dell’universo, ed ho scoperto quanta meschinità regna in quel mondo fatto da insinceri rapporti personali e false amicizie. Quando il lavoro ha cominciato a scarseggiare, ho capito che potevo permettermi qualche anno sabbatico, e sono partita per cercare una vita più dinamica e creativa. Ho passato 5 anni a Francoforte fotografando ma anche questa spinta si esauriva. Non sono la Arbus, non sono la Maier. Ricordo di aver scattato le fotografie di una ragazza trans al noto Club 78, la cui bellezza calcolata alla smisurata perfezione aveva qualcosa di disumano. La sua sicurezza nel muoversi e nell’essere, mi metteva a disagio, e ricordavo i miei giorni giovanili colmi di incertezze e dubbi. Quella sera mi pareva di sentire le grida di richiamo di mamma Roma invitandomi a invecchiare nella città che amavo. E così, che sono tornata accettando che lo scalpello del tempo lentamene modelli mia faccia e mio corpo nelle vie e piazze che sentivo casa mia. Rimaneva l’unico grande desiderio da esaudire; tornare alla città natale per ritrovarvi e rimettere al posto quei pochi tasselli del mosaico, rubati il giorno della mia partenza. Questo di oggi è l’incontro che ho sognato per 50 anni. La data segna esattamente mezzo secolo di assenza che sono venuta a cancellare. Brindiamo al nostro incontro cercando le parole da scambiare. Che ci sono le sedie vuote al tavolo, è solo un altro inganno delle divinità avverse, una furbata che con noi non funziona. Finalmente ci siamo di nuovo insieme tutte, tutte e cinque, e ognuna di noi si tiene il presente che ha…facciamo che le nostre paure diventano una confidenza, e che nostra adunata non porti il dolore accanto. È bello avere le mani di nuovo giunte in Cerchio Magico nella nostra vecchia tana, senza gerarchie morali e divieti terreni così poco comprensibili. Se un Dio misurerà nostri meriti al bivio per mandarci in cielo o all’inferno, dall’alto della sua naturale maestà, lui che misericordiosamente tiene tutto in bilico, saprà rimetterci di nuovo insieme, magari in un’altra avventura. Oggi, in un mondo dominato di monocultura che sorridente offre efficienza, valori universali e le libertà incondizionate, dovrei essere contenta felice e fiera della propria diversità. “Mi scusi, lui o lei?” Ma poco importa, le prove sono inconcludenti e tutto è lasciato all’autodeterminazione, però, potessi chiedere al Supremo di esaudirmi un desiderio, uno solo, sarebbe di essere meno distratto nel pianificare la nostra prossima discesa, e buttare una manciata di estradiolo in più, sul piatto della mia bilancia.
Che bella giornata amiche mie, che gioia! Ma che cos’è questa polvere che si alza dai vecchi diari pieni di inutili ricordi che irrita e ci inumidisce gli occhi di nuovo? Scappo! Ho la Freccia Rossa da Milano per Roma alle 19.10’. Un abbraccio streghe e alla prossima…prometto…
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Io, (e) Giulia
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Re: Il Cerchio Magico

Messaggio da Io, (e) Giulia »

Leggerti è sempre un piacere.
Ma una domanda Te la devo fare (con un pizzico di preoccupazione).
Perché, oggi, stai sentendo questo desiderio di rivedere/rivivere il passato?
Perché, oggi, stai sentendo il desiderio di condividerlo?
Sicuramente Te lo sarai chiesto e, sempre sicuramente, avrai capito (o ipotizzato) i motivi.
E va beh, le domande sono due..........
Giulia.....che ha sicuramente perso il primato della più prolissa/logorroica dell'intera tribù....

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Re: Il Cerchio Magico

Messaggio da Ale »

Cara Giulia, ti trovo la più fedele frequentatrice del mio confessionale. Sarà che qualche corda abbiamo in comune, o che deponi troppa fiducia nei miei racconti… Temo che per quanto riguarda la tua osservazione sulle mie capacità grafomane, tu abbia ragione. Confesso che in questo campo non temo molto la concorrenza, nonostante per tutta la vita coltivavo il desiderio di essere concisa e lapidaria come gli avi, ma “quarziasi sia er discorzo oppure er tema, gna posso fa”. Ma convivo con questo abbastanza facilmente e per la verità il fenomeno colpisce a ondate. Ci sono lunghi periodi quando rimango zitta (ed è meglio). Però, la tua domanda principale la trovo dura a rispondere. Pare un quesito di quelli che si pongono nei momenti cruciali, eppure nel caso mio non ci sarebbe nessun motivo particolare. Anzi, odio autoanalisi, odio scovare nei misteri dell’anima. Ma perché mai si riscende nei meandri della memoria, passata una certa soglia d’età? Forse incantonati con gli anni scopriamo che a volte inizia dentro di noi come un anelito a chissà cosa, una domanda confusa, una domanda plasmata da paura atavica: o Dio cosa ho fatto fino ad oggi? che poi si fa ritrovare fuori, e sembra la stessa domanda che è diventata parte della realtà. E allora che viene questa irrefrenabile voglia di condividere la propria vita e propri sentimenti impacchettati negli scafali dei ricordi. A volte è solo un flash, qualche frammento, uno sguardo ansioso incontrato per caso, ala d’un’ angelo passato in fretta, uno scorcio memorabile, o proprio niente. Si cerca paziente ascoltatore (o lettore, non importa) a farti dei complimenti mentali, a capirti (è melodia conosciuta cara mia) ed a consolarti a distanza. Ci si arriva al giorno quando lo specchio non sia più amico, quando le rughe incominciano a darti fastidio e i primi segnali dei varicosi ti consigliano un guardaroba diverso. E allora che si rimanda un senso di grandezza o di disgrazia e incomincia il vagabondaggio di chi deve andare e non ricorda più dove né perché. La bellezza non sempre fa spettacolo, e a volte è malinconica e incerta. E allora che dallo spaccato orlo di travertino che delimita l’asfalto, all’incrocio dei grandi temi della vita parte la nostra supplica: per favore, fatemi fuggire da qui. E questa fuga è spesso un tuffo nella parte della nostra vita che abbiamo eletto come quella più bella, come la nostra isola incantata che desideriamo far presente a tutti…Da giovane, cara mia Giulia, credevo che basti girare l’angolo per trovare il mondo nuovo, poi crescendo che bisogna andare altrove per sentire l’emozione della terra con le sue speranze e paure, per ritornare poi con il bagaglio degli anni, nel luogo della partenza e osservare dalle finestre più basse il nostro unico metro quadrato di terra che ci è mai veramente appartenuto. Subito dietro quel tavolo del bar condiviso con le amiche dei giorni spensierati, s’alzano le pareti di un mondo opprimente che ci ha accolto solo in misura minima, ospiti passeggere piene di speranze ed aspettative. Offro questo come risposta alla tua domanda, ma anche questa rimane scritta senza la convinzione piena, senza la certezza e con parecchie zone d’ombra (inserite volutamente)
Un abbraccio
Ale
P.S. Mio fratello mi considera il monumento vivente dell’indecisione e dubbio.

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Re: Il Cerchio Magico

Messaggio da LellaB »

Cara Ale, ti direi che nel mezzo del cammin di nostra vita arriva la prima crisi e si fa un bilancio, poi, di solito, ogni dieci anni la scena si ripete, una specie di tagliando periodico per vedere se siamo soddisfatte o no del nostro viaggio. Credo che sia una cosa normale dell’essere umano ogni tanto domandarsi se ha sbagliato qualche bivio o se va tutto bene. E per rispondere a questa domanda è inevitabile rivangare il passato alla ricerca di qualche ricordo bello che ci faccia dire “sì, va tutto bene, la strada è ancora quella, tira dritto senza rimorsi, né rimpianti” oppure, rendendosi conto che il livello di soddisfazione non è sufficiente, si cerchi qualche bivio a cui cambiare direzione…
Ovviamente questa è la mia visione del problema e finora per me ha funzionato…
Comunque i tuoi racconti sono mai banali e sempre piacevoli, grazie per condividere queste brevi storie della tua vita.
Antonella : Nar :

E' facile essere una femmina, bastano un paio di tacchi a spillo e abiti succinti. Ma per essere DONNA ti devi vestire il cervello di carattere, personalità e coraggio (Anna Magnani)

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Re: Il Cerchio Magico

Messaggio da Ale »

Si, cara Antonella, hai evidenziato aspetti veri, però, nella mia piccola tenuta di vanità personale, stento ad accettare le scontate vittorie del tempo. Ho trovato alcune foto di molti, troppi anni fa che mi hanno messo in moto il meccanismo che tende a respingere l’immagine che abbiamo acquisito. Come hai detto bene e con giudizio, ci sono le biforcazioni dei sentieri che ci mettono in dubbio. Seguendo quello che indica la direzione verso “strada corretta, hai scelto bene”, ci si ritrova integrità e buon grado di continuare cammino tranquille, ma scelta l’altra strada s’incontra spesso una volta tanto agognata solitudine diventata con tempo ospite troppo frequente ed insidioso, e anche le tenere malinconie del passato perdono l’aura innocente e diventino ospiti sgradite. A volte penso che sia fortuna poter cambiare la direzione, ma poi la maledetta domanda: E dove si va? Ferma tutto. Mi fermo, non vorrei inondare con pessimismo questo bel posticino dove si scambiano belle parole, e dove tutte stiamo guardando lo stesso cortile dalle nostre finestre aperte…
Un abbraccio Antonella
Ale

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